Everywhere But Nowhere, Virtual and Augmented Reality Art: Immersive Pop Up Experience

Just a few weeks ago, the immersive pop up Everywhere but Nowhere, Virtual and Augmented Reality Art took viewers quite literally into a new dimension. A project of District Gallery sponsored by the Los Angeles Downtown Arts District Space, virtual and augmented reality artists created new worlds of art and reality.

Kevin Mack’s Virtual Reality Worlds & 3D Printed Sculptures is an incredible experience. Wearing their VR glasses, viewers “move” through Blortasia, a maze of sculptural shapes that change form. At first the eye simply takes it all in, the colors and the shapes. Then the mind questions – did that abstract form become an animal? Did that tree move and change its branches? The viewer gets the sensation of flying through a passage as the sculptures shift and evolve; there is the distinct sensation that one is no longer in the “real” world. Each participant’s – because one is more than just a viewer here, one is intimately involved in the experience – perception alters the experience, making it a unique visual and meditative experience, one that alters if re-taken. Outside the VR experience, Mack recreates his virtual sculpture into real world sculptural works using 3D printers and digital prints that appear delicate and surreal.

With Augmented Reality Art Vortex, it’s time to take to the street. Artist John Craig Freeman creates a reality vortex, that when viewed through a free app provided at the gallery, transforms the location of the work. Viewers are invited to look at the intersection of E. 3rd, Rose Street, and Traction Ave through the app, and experience DTLA in an entirely new and dream-like fashion. The AR Vortex concept was begun in Paris in 1957; it’s as fresh and mysterious today as it was then, an alchemical experience. Viewed through the app, tiny figures and objects swirl like leaves and fly through the sky, apparent portals open showing a black and white image. A graffiti-covered dumpster floats by.

Prototypes from the Frontier of Mixed Reality by Zenka is a magical mix of ceramic sculptures that appear to be transported from a distant planet or future, and hand printed wooden block prints with augmented reality visible through a smart phone app. Her sculptures are made using raku, a Japanese ceramic-firing process that dates to the 1500s. While the technique may be historic, the subjects are futuristic – sculpted heads clad in VR headsets both past and future, 30 of them, in fact. Each piece has different AR to view through a provided app.

Lucas Kazansky’s Augmented Reality Works delves into the connection between the digital and real world. Connecting the two through interactive experiences and designs involves both augmented reality and 3D modeling. The result: visuals that encourage a new way of seeing. Sharply fragmented human forms seem bisected by shards of ice, while mysterious abstract forms interconnect and coalesce.

Michael French also combines digital and traditional media, here his augmented reality sculptural piece resembles an upended boat covered with wires to the naked eye. But ah, the eye should not have remained naked here. Using French’s app, the piece springs to life with “motors” controlled in real time through hash tags. The art pulsates and changes, a chameleon of a piece.

While this pop-up installation has come and gone, it is a dimensional look into the future of art forms and functions, an aspect of art creation that is sure to grow as an entirely new way of viewing.

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Apple to offer Augmented Reality

Until the Apple product named ARKit hits the market, Hola, an app developed by a VR/AR company called 8i, will hog the limelight.

Holograms are three-dimensional objects, either people or animals which can be downloaded and placed to the real world.
Since the news of Apple incorporating Augmented Reality (AR) to mobile operating system started doing the rounds, excitement levels have gone up. Until the Apple product named ARKit hits the market, Hola, an app developed by a VR/AR company called 8i, will hog the limelight. Hola helps the user place ‘holograms’ in their world.

Holograms are three-dimensional objects, either people or animals which can be downloaded and placed to the real world. But when you move around, it need not come with you.

The Verge writes about the flipside: “The objects can’t interact with the world you’re placing them into. The app isn’t recognising surfaces or mapping the world, it’s just remembering generally where you placed the object so that if you turn away or move around, the hologram stays relatively put. This is fine if you’re placing things in an open area.”

ARKit is defined as the “framework that allows you to easily create unparalleled augmented reality experiences for iPhone and iPad.” It was mentioned along with the announcement of iOS 11 at WWDC.

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Polimi, Industria 4.0 in Italia vale 1,7 miliardi (+25%). «Raddoppio in due anni, Piano Calenda decisivo»

Il mercato dei progetti Industria 4.0 (soluzioni IT, componenti tecnologiche abilitanti su asset produttivi tradizionali e servizi collegati) in Italia nel 2016 ha raggiunto un valore di circa 1,7 miliardi di euro, di cui l’84% realizzato verso imprese italiane e il resto come export. A questa cifra si aggiunge un indotto di circa 300 milioni come componenti Industria 4.0 entro progetti “tradizionali” di innovazione digitale.

Lo dice l’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano, la cui edizione 2017 è stata presentata proprio oggi nella sede Assolombarda di Milano davanti a mille persone, contro le 600 che si erano iscritte al convegno dell’edizione 2016.

A pari perimetro rispetto al 2015 il mercato è in crescita del 25%, ma il bello deve ancora venire, visto che il dato 2016 non comprende tutti gli investimenti definiti e varati dopo la pubblicazione del Piano Nazionale Industria 4.0 e dei chiarimenti fiscali collegati. Le aspettative per il 2017, tenendo conto anche di come è andato il primo trimestre, sono ancora più rosee: le imprese dell’offerta si aspettano una crescita annua intorno al 30% che significherebbe un raddoppio in due anni degli investimenti di trasformazione digitale in Italia. E quindi un recupero del ritardo rispetto ai Paesi più maturi, ma anche il rischio concreto di un eccesso di domanda rispetto alla capacità di consegna dei fornitori.

«In un anno è cambiato moltissimo – ha detto Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio -. Un primo grande risultato è che grazie al Piano Nazionale Industria 4.0, varato lo scorso settembre, e al lavoro di divulgazione di Governo, associazioni, media e anche del nostro Osservatorio il livello di conoscenza su Industria 4.0 è fortemente cresciuto: su un campione di 241 imprese manifatturiere, solo l’8% dichiara di non conoscere il tema (un anno fa era il 38%), il 41% ha letto articoli online, il 32% ha partecipato ad eventi dedicati e il 28% sta valutando di fare qualcosa, mentre un altro 28% sta già adottando soluzioni».

Buona anche la notorietà dello stesso Piano Nazionale (noto anche come Piano Calenda): solo il 16% delle imprese del campione non lo conosce. Tra le altre, il 52% ha deciso di usufruire del superammortamento al 140%, il 36% dell’iperammortamento al 250%, il 29% utilizzerà il credito di imposta per ricerca e sviluppo, il 7% compirà investimenti in startup. Nel complesso, il 73% delle imprese investirà in beni strumentali, il 61% in beni immateriali, il 43% in dispositivi di Advanced HMI o soluzioni di ergonomia-sicurezza e il 30% in sistemi per l’assicurazione di qualità-sostenibilità.

Un quarto delle imprese approfitterà delle agevolazioni del Piano investendo oltre un milione di euro, un altro quarto meno di 500mila euro. Le misure più richieste da aggiungere al Piano sono incentivi per corsi di formazione 4.0 (29%) e per le assunzioni necessarie a colmare il gap di competenze (25%).

«Sembra ormai vinta la prima sfida culturale, quella della consapevolezza sull’Industria 4.0: l’Italia ha un Piano Nazionale, il tema è al centro dell’attenzione del mondo economico e il livello di conoscenza tra le imprese è salito notevolmente – spiegano in un comunicato Alessandro Perego, Andrea Sianesi e Marco Taisch, Responsabili Scientifici dell’Osservatorio -. Ma ora si aprono nuove sfide: bisogna disegnare i progetti sulle specificità di ciascuna realtà (a questo proposito l’Osservatorio ha realizzato DREAMY, uno strumento di di assessment disponibile gratuitamente online, ndr), riuscire a liberarne realmente il potenziale innovativo e misurare i dati raccolti, dotandosi inoltre delle necessarie competenze. Il pieno impatto della trasformazione 4.0 si avrà tra 10-15 anni e vanno formulate strategie e roadmap con lungimiranza. È cruciale che l’ondata di investimenti vada oltre l’opportunità fiscale e si fondi su una vera consapevolezza delle potenzialità della Quarta Rivoluzione Industriale».

Quasi due terzi del mercato Industria 4.0 – il 63%, circa un miliardo di euro – è legata a progetti di connettività e acquisizione dell’Industrial Internet of Things, ha detto al convegno Miragliotta. Le altre tecnologie su cui più si investe sono Industrial Analytics (20%, 330 milioni di euro), Cloud Manufacturing (9%, 150 milioni) e Advanced Automation (sistemi di produzione e movimentazione autonomi e collaborativi, 8% pari a 120 milioni). L’area più di frontiera, l’Advanced Human Machine Interface (wearable e interfacce uomo/macchina come display touch, scanner 3D, visori per realtà aumentata), per il momento rappresenta solo l’1% del mercato.

Nella sua indagine l’Osservatorio ha censito oltre 800 applicazioni 4.0, per una media 3,4 applicazioni per azienda, distribuite nelle tre aree Smart Lifecycle (sviluppo prodotto, gestione del ciclo di vita e dei fornitori), Smart Supply Chain (pianificazione dei flussi fisici e finanziari) e Smart Factory (produzione, logistica, manutenzione, qualità, sicurezza, compliance). Nella Smart Factory, il 38% delle imprese ha adottato soluzioni di Industrial IoT e il 33% di Industrial Analytics, ma oltre un quarto ha investito anche in soluzioni di Advanced Automation e Advanced HMI. Nella Smart Supply Chain il 32% adotta soluzioni di Industrial Analytics e il 15% di Industrial IoT, mentre è ancora basso l’uso di piattaforme cloud. In ambito Smart Lifecycle, l’Additive Manufacturing è centrale nelle fasi di prototipazione, ma sono le applicazioni IoT, Analytics e Cloud a crescere di più, attestandosi su livelli poco inferiori al 20%.

«Con una media di 3,4 applicazioni per azienda, l’indagine rivela l’ottima vitalità delle imprese italiane nell’Industria 4.0 – continua Miragliotta -, ma la situazione non è omogenea per numero e dinamica delle applicazioni, oltre che per posizionamento rispetto ai concorrenti: Industria 4.0 sta diventando, già in questa fase sperimentale, un elemento di differenziazione tra le imprese».

L’Osservatorio Industria 4.0 ha individuato oltre 100 skill tecniche necessarie per realizzare modelli di business di Industria 4.0. La più desiderata è la capacità di “definire un piano di adozione delle tecnologie per il miglioramento dei processi produttivi”, su cui solo il 46% si sente preparata. Quasi altrettanto importante è ritenuta poi la “capacità di integrare digitalmente i processi di business con clienti e fornitori lungo la supply chain”, su cui il 54% delle imprese si sente preparata ma nel 75% dei casi è comunque previsto un potenziamento tramite programmi di formazione, nuove assunzioni o collaborazioni.

«Per cogliere davvero la sfida dell’Industria 4.0, le aziende devono rivedere strategie di selezione e sviluppo delle risorse umane, ma anche i piani di formazione, le reti di collaborazione – commenta Sergio Terzi, Direttore dell’Osservatorio industria 4.0 -. La skill considerata più rilevante non è affatto banale perché richiede di contemperare prospettiva strategica di business e tecnica, considerando le implicazioni sulla sicurezza fisica del personale, cybersecurity, privacy, proprietà dei dati e altri aspetti legali».

Per dotarsi delle competenze mancanti, l’8% delle aziende selezionerà nuovo personale o avvierà collaborazioni sulle skill chiave dell’Industria 4.0, in particolare per ricercare la capacità di definizione del piano di adozione delle tecnologie, quelle di analisi, modellazione e simulazione dei dati di produzione provenienti da sensori e dispositivi, e per la conoscenza di sensoristica e piattaforme IoT per il monitoraggio dei flussi di materiali. Le competenze per cui invece sono in corso o pianificate nei prossimi 18 mesi azioni di formazione sono soprattutto nella gestione della produzione: definizione del piano di adozione delle tecnologie per i processi produttivi (33%), analisi, modellazione, simulazione dei dati di produzione (31%) e progettazione di sistemi di manutenzione predittiva (31%)

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Magic Leap’s Disruption of the VR and Computing Industry is “Not That Far Away”

At eMerge 2017, Magic Leap founder Rony Abovitz gave a number of updates concerning his company’s first product, which is currently in production. He revealed in his speech that the technology is “up and running and live” — it is hands free, does not require looking through a video display, and introduces an entirely new class to the technology which he coined as “spatial computing.”

Another exciting piece of news is that it is being priced for “affordability” — Abovitz stated “if you’re willing to pay for a premium mass consumer device, you’ll be happy with us.” He also said the “launch is not that far away,” and will focus on the “U.S. first, but definitely not U.S. only.”

Abovitz also said that potential consumers are not the only group enthusiastic about Magic Leap. He has seen an outpouring of people who want to become developers. He stresses that he has an extremely loose definition of the word, which can extend from artists to film-makers to programmers to “kids in garages.” In order to foster this developing community when the release comes, Abovitz says that he and his team “want to make sure we’re learning to serve developers and creators properly first.”

 

THE POTENTIAL OF MAGIC LEAP
Magic Leap is neither augmented reality or virtual reality but, as Abovitz explained at eMerge, a “Spacial Ambiance, using digital light fields to create a personal computer that is ambient, always around you […] and is always contextually aware.”

While Andre Iguodala gave some vague information about his demo experience — including that the technology is controlled by eye movements and modulates lights in a user’s environment, that it has a voice assistant like siri, and that it takes the form of a belt pack with connected glasses. The company has neither confirmed or denied his claims, nor provided much more information.

What we do know, though, is that it has the potential to change almost any industry in the world. David Erwalt, of Forbes, got a rare interview with the founder and concluded thatThis technology could affect every business that uses screens or computers and many that don’t. It could kill the $120 billion market for flat-panel displays and shake the $1 trillion global consumer-electronics business to its core.

While the eMerge announcement gives us just a taste of the technology to come, we hope all of our questions will be answered very soon when we get to try the product for ourselves.

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Super Mario Bros ricreato con HoloLens come gioco di realtà aumentata e mostrato in un video

Un video evidenzia il potenziale delle soluzioni di realtà aumentata come Microsoft HoloLens anche in ambito videoludico attraverso il più classico dei videogiochi.

Abhishek Singh è un programmatore che ha già fatto vari esperimenti con la realtà aumentata come potete verificare voi stessi sul suo sito ufficiale. L’ultimo, dimostrato con il video che riportiamo in questa pagina, è diventato virale: si tratta di una trasposizione in chiave realtà aumentata di uno dei livelli più famosi di Super Mario Bros.

Singh ha realizzato l’esperienza in Unity servendosi di uno dei dev kit di Microsoft HoloLens per ricreare una riproduzione 1:1 del livello del famoso platformer. Per rendere il tutto ancora più accattivante ha usato un costume del famoso idraulico e ha percorso realmente circa 100 metri nel Central Park di New York. Grazie alla soluzione di realtà aumentata può muoversi realmente, ottenere la riproduzione dei movimenti nella virtualità e interagire con le mani con gli elementi di gioco, ovviamente il tutto in prima persona.

HoloLens è ancora lungi dall’essere perfetto, e anche il video evidenzia come ci sia imprecisione in alcune interazioni. Ma questo tipo di esperienze sono sicuramente stimolanti, confermando la realtà aumentata come uno dei più probabili punti di approdo per il gaming del futuro, e non solo.

 

 

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L’alba dei robot sorgerà tra 45 anni

Isaia amava minacciare gli uomini con la promessa dell’ira di Dio; ma tra le sue profezie si incunea un momento di poesia, e di speranza, quando risuona la domanda «Sentinella, a che punto è la notte?». Nel disorientamento dei nostri giorni, tra l’euforia per il progresso tecnologico e il terrore per le ricadute sul lavoro e sulla riservatezza dei dati personali, un interrogativo molto simile è stato posto da cinque ricercatori della Oxford e della Yale University, in un’indagine pubblicata il 31 maggio: When Will Artificial Intelligence Exceed Human Performance? Quando l’intelligenza artificiale supererà le prestazioni dell’uomo?

I loro interlocutori sono stati i 1.634 ricercatori che nel 2015 hanno presentato almeno una pubblicazione alle conferenze Nips e Icml, i più importanti convegni di intelligenza artificiale del mondo. Sono loro i guardiani del nostro futuro planetario; ma solo il 21% ha onorato il compito rispondendo alle domande del questionario: si tratta pur sempre di 350 studiosi, un numero non disprezzabile. Quando si comincerà a intravedere l’alba di un nuovo mondo in cui gli automi saranno dotati di un’emotività e di una personalità paragonabile a quella degli esseri umani? Arriverà il giorno in cui si infurieranno contro di noi, e pianificheranno uno sciopero per protestare contro la condizione di schiavitù in cui li avremo segregati?

La domanda su quanto durerà ancora la notte dell’incoscienza dei robot, rinchiusi nelle istruzioni del software, senza libertà e senza fantasia, si declina in un insieme di interrogativi su tre aree: l’evoluzione dell’ingegneria del pensiero, lo scavalcamento degli uomini in abilità professionali specifiche, le conseguenze sociali del progresso dell’intelligenza artificiale.

L’acronimo Hlmi («intelligenza di alto livello delle macchine») denota la fine del sonno dogmatico, che imprigiona i calcolatori nel determinismo delle istruzioni sequenziate nel programma: la soglia sarà attraversata quando gli automi saranno in grado di svolgere i compiti assegnati meglio (e a un costo inferiore) degli agenti umani, senza soccorsi dall’esterno. In altre parole, senza iniezioni sleali di memoria enciclopedica, in cui siano capitalizzate informazioni non elaborate dall’esperienza vissuta del robot. Dovranno imparare da soli, come fanno i bambini. È una soglia che ha animato le utopie negative della fantascienza, ogni volta in cui è sorto il sospetto che l’alba del pensiero informatico possa coincidere con la discesa della notte sulla società degli uomini, consegnata ad un’epoca di miseria e di schiavitù.


Il futuro tra 45 anni

A colpo d’occhio, la soglia dell’Intelligenza di alto livello le macchine potrebbero attraversarla tra 45 anni, con una probabilità del 50%; anticiparla tra nove anni, riduce le possibilità al 10%. Ma se si disaggrega il dato complessivo, emergono le differenze tra le stime degli esperti sulle due sponde dell’Oceano Pacifico. Gli specialisti americani allontanano il raggiungimento del risultato a 74 anni; per i cinesi, invece, la previsione deve essere anticipata a 30 anni – meno della metà del tempo pronosticato dai colleghi occidentali.

Questo dato contiene un’informazione che ha a che fare con le strategie politiche di investimento dei diversi paesi: quando la domanda verte sul risultato generale, il pensiero viene condizionato dal volume di investimenti e dalla pressione dei finanziatori, più che dall’analisi degli aspetti cognitivi, ingegneristici e politici. In Asia il maggiore ottimismo di chi lavora sull’intelligenza artificiale dipende da un fattore esclusivamente finanziario: l’I.A. è uno dei settori che il governo di Pechino ha identificato come strategico per il successo economico della nazione e su cui convergono valanghe di denari. Il fatto che Donald Trump abbia manifestato il suo entusiasmo soprattutto per l’estrazione di carbone, e abbia investito sul lavoro dei esseri umani impegnati nelle miniere di carbone, non ha invece contribuito al risveglio né dell’intelligenza artificiale, né tanto meno di quella naturale.


Prima sfida: i videogiochi

La soglia dell’Hmli non si attraversa tutta d’un colpo. Secondo le nostre sentinelle, l’arrivo della nuova era in cui le macchine saranno più intelligenti di noi comincerà ad annunciarsi nelle partite di Angry Birds: l’abilità dei computer nel manovrare il videogame dovrebbe superare quella umana entro il 2019, con una probabilità del 50%. Secondo i più ottimisti, gli uccellini furiosi della Rovio Entertainment potrebbero essere dominati dalle competenze del pensiero informatico entro la fine di quest’anno; per i più pessimisti, l’appuntamento con l’incoronazione di un campione digitale deve essere rinviato al 2024.

La destrezza per interagire con tutti i giochi della Atari, meglio dei ragazzini in carne ed ossa, deve attendere ancora poco meno di otto anni, sempre con una probabilità del 50%; per un esercizio umile – ma prezioso – come il ripiegamento della biancheria (ma con il talento di un commesso), la scadenza è fissata al 2020. Le madri preferirebbero che i pargoli mettessero in ordine la stanza prima di divertirsi; le macchine, come i giovani, antepongono il gioco al dovere.

Se si passa a incarichi di maggiore vocazione intellettuale, la trascrizione di un discorso orale e la traduzione da una lingua all’altra (ma solo al livello di competenza di un non-professionista), sono attese tra sette anni – sempre con una probabilità del 50%. Nel 2025 gli automi cominceranno a scrivere tesine di livello universitario, e sapranno giustificare le mosse eseguite per vincere le partite dei videogame: come nella definizione di Thomas Kuhn, anche la scienza in fondo è un gioco, un rompicapo, perlomeno quando sta attraversano un periodo «ordinario».

Passeranno poco più di dieci anni prima che una macchina sappia comporre una canzone
, paragonabile a quelle che occupano le prime 40 posizioni nelle classifiche di vendita; lo farà mentre imparerà a guidare un camion meglio di un pilota umano, ma le serviranno altri tre anni per riuscire a persuadere i clienti, con il talento di un venditore professionista. Vedremo come le learning machine se la caveranno con l’attitudine all’omissione di verità, e con l’inclinazione alla truffa: l’esperimento Tay di Microsoft, l’intelligenza artificiale diventata razzista dopo meno di 24 ore di dialoghi su Twitter, legittima più di una preoccupazione.


L’ottimismo degli scienziati

I risultati più sofisticati sono rinviati di oltre un quarto di secolo. La redazione di un libro, che possa ambire a entrare negli elenchi dei bestseller del New York Times, richiederà ancora più di trent’anni di sviluppi; per arrivare alla prima generazione di chirurghi e di matematici meccanici, occorrerà aggiungere altri cinque anni di progressi. Per chi ha la mia età, l’attesa di vita promette di arrivare a vedere questi successi – ma nient’altro – prima di lasciare questo mondo.

Gli esperti di intelligenza artificiale nutrono un’opinione di sé così alta, da ritenere che nascerà un ricercatore (informatico) di AI solo tra ottant’anni: saranno già trascorsi cinquant’anni dalla realizzazione dell’automa che saprà imitare tutte le facoltà di un uomo medio, e ne serviranno altri quaranta per un robot che riuscirà a superare, per doti cognitive e maestria pratica, i migliori specialisti di qualunque attività professionale.

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