Italia ancora in ritardo sul digitale

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La domanda del digitale ha una doppia velocità: una parte della popolazione è ai margini della Rete mentre 38 milioni di italiani dichiarano di accedere a Internet (18 dei quali attraverso smartphone e 3,7 da un tablet). Gli operatori Tlc devono effettuare un “salto” negli investimenti per consentire il passaggio alle reti di nuova generazione, che stentano a svilupparsi in Italia. La separazione della rete di accesso di Telecom Italia può costituire un’opportunità, se finalizzata allo sviluppo delle nuove reti. La disintermediazione dei contenuti fa avanzare gli aggregatori ma il ruolo della produzione di quelli originali non viene meno e va difeso nei confronti dei pirati informatici.

 

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Angelo Cardani, presidente dell’Agcom, presenta la Relazione annuale analizzando prima la domanda e poi l’offerta dei nuovi servizi di comunicazione. Il 37,2% degli individui non ha mai avuto accesso a Internet (22,4% la media Ue) ma chi accede lo fa con più frequenza rispetto alla media degli altri paesi europei. Le famiglie che, nel 2012, hanno avuto accesso alla banda larga erano il 49% di quelle totali; quelle comprendenti almeno un minorenne salgono al 71% di questa parte della popolazione. Si attendono i giovani "bandivori", ma l’Italia ha fatto molto «per rallentare lo sviluppo digitale: attendismo dei mercati, responsabilità della politica e difficoltà della regolamentazione e ora la crisi».

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Cloud Computing in Italia: Report 2013

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I risultati del nuovo Rapporto sullo stato del Cloud Computing in Italia sottolineano il forte interesse espresso dalle imprese, che vi investono sempre di più migrando sulla Nuvola. La ricerca, condotta su 142 CIO e Direttori IT delle principali aziende in Italia, evidenzia che nel 69% di quelle medio-grandi ha già adottato soluzioni cloud.

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Il Futuro del Cloud Computing secondo Paul Moxon: come affrontare il 2013? In arrivo i Cloud Broker

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A uno a uno stanno cadendo tutti i dubbi posti a vario titolo sul reale utilizzo del Cloud Computing (e, aggiungiamo noi, sul fatto che non ci sarà più l’artificiosa distinzione tra Cloud Pubbliche e Private, divenendo tutte di tipo ibrido), per cui nel corso dell’anno il passaggio alle nuove architetture diverrà una costante per le aziende di ogni genere. Ma a conferma del fatto che già il 2012 ha segnato questa tendenza, Gartner stima che il mercato è cresciuto l’anno scorso del 19.6%, arrivando a valere a livello mondiale la ragguardevole somma di 109 miliardi di dollari. Considerando il potenziale ed i benefici già apportati dal Cloud Computing, diventerà infatti sempre più difficile considerare l’installazione e l’esercizio di piattaforme ERP tipo quelle di Oracle o SAP – giusto per fare due esempi – su propri Server e infrastrutture. Tant’è che il numero di aziende che metteranno in discussione le proprie installazioni “On Premise” nel corso del 2013 è destinato a crescere considerevolmente. Di conseguenza, crescerà anche l’offerta di alternative Cloud, ma in parallelo aumenterà la necessità di acquisire competenze nel definire e controllare i necessari contratti di fornitura (Service-Level Agreement – SLA).

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Digitale: open data, l’Italia tra i paesi più avanzati in Ue

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Un termometro dell’uso dei dati aperti in tutta l’Unione europea. A fornirlo è uno strumento di analisi finanziato dalla Commissione europea, in fase di costante sperimentazione, che permette di analizzare lo stato degli open data e il loro utilizzo nel Vecchio Continente.

 

Lo strumento in questione si chiama Psi Scoreboard (acronimo di Public Sector Information, cioè informazione del settore pubblico). Secondo la metodologia utilizzata, un paese può totalizzare fino a 100 punti per ognuno dei 7 indicatori considerati (tra cui lo stato di applicazione della direttiva pratica 2003/98/CE del 17 novembre 2003 sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, i formati e le licenze utilizzate, le attività ed eventi di sensibilizzazione, il riuso dei dati, i costi). Un paese sarà in grado di raggiungere il massimo del punteggio – 700 punti – se avrà capitalizzato una notevole esperienza nel campo. Finora, però, nessuno è riuscito a raggiungere questo obiettivo.

In base allo Psi Scoardboard, il punteggio più alto va alla Francia (485), seguita dai Paesi Bassi (465) e dalla Gran Bretagna (455). Buono il piazzamento dell’Italia, che si colloca al quarto posto con un punteggio di 450. In particolare, oltre ad aver recepito la direttiva “ombrello” del settore, il nostro paese si distingue per la capacità di organizzare eventi e iniziative sul territorio che coinvolgano le pubbliche amministrazioni locali.

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‘Big Data Theory’ per far rinascere il mercato ICT

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Un nuovo studio pubblicato da IDC conferma un trend ormai noto nel settore ICT: la crescita del mercato dei Big Data, questo mix di tecnologie e servizi appartenenti a diversi segmenti dell’offerta IT, nuovi o già esistenti. . Quasi una rinascita per un mercato che ha subito il contraccolpo della crisi mondiale e che può ora contare su un settore che registra una crescita, a livello mondiale, a un tasso composto annuo (CAGR) del 31,7%.

Guardando al concreto i Big Data varranno 23,8 miliardi di dollari nel 2016. Il loro ritmo di crescita è pari a circa 7 volte quello del mercato ICT nel suo complesso, sottolinea IDC, confermando dati di uno studio analogo pubblicato un anno fa.

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Il valore dei Big Data ancora poco conosciuto per l’80% dei dirigenti

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I responsabili marketing delle grandi aziende sono ancora al lavoro per capire in che modo valorizzare i Big Data e far si che l’analisi abbia una valenza per il business. Questo è il risultato di un’indagine condotta da Pitney Bowes Software – azienda americana che fornisce soluzioni multi-canale che si avvalgono dei dati per creare dialogo tra aziende e clienti – che evidenzia come l’80% dei Manager americani intervistati (Senior executives, C-level, Vicepresidenti e Presidenti) veda come sfida del 2013 la capacità di creare valore dall’analisi dei dati. Non solo. Il 35% ha dichiarato che l’ostacolo maggiore per la valorizzazione è la mole di dati e la scarsità di risorse a disposizione, mentre il 38% ha dichiarato che l’assenza di capacità di analisi e competenze è il fattore chiave che impedisce all’azienda di trarre valore dall’analisi dei dati.

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