Scandalo Prism, il lato oscuro del data mining

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“Lo sfruttamento aggressivo dei dati intercettati, che una volta era non solo accettato ma anzi richiesto, ora diventa materia di obiezioni e controversie. Così le agenzie governative che prima venivano criticate perché non facevano abbastanza, ora vengono criticate perché la fanno troppo”, scrive su The National Interest l’ex vice direttore della Cia Paul Pillar, per spiegare le oscillazioni del pendolo dell’opinione prevalente in materia di sicurezza e privacy. 

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La cosa a cui si riferisce l’ex dei servizi segreti – protagonista ai tempi della guerra in Iraq di aspre polemiche con l’allora presidente George Bush – è il data mining, l’analisi dei Big Data. Il procedimento, cioè, con cui una gigantesca mole di dati viene analizzata automaticamente allo scopo di scovare tracce potenzialmente interessanti, collegamenti o anomalie. Nel recente scandalo Prism e le tentacolari intercettazioni della Nsa questo è l’aspetto che sembra aver maggiormente inquietato l’opinione pubblica americana, più che non eventuali – ancora indimostrate – violazioni di legge.

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Big Data Conferences 2013

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Ogni giorno nelle aziende un’ingente mole di dati viene prodotta dai device connessi con cui le persone e gli oggetti dialogano tra loro che, aggiunti all’enorme archivio di informazioni provenienti dalle fonti tradizionali generano i Big Data.

 

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Il loro valore strategico comincia oggi ad essere compreso dalle aziende (non solo le grandi) che sono sempre più chiamate a gestire ed analizzare in modo integrato le informazioni sia interne che esterne all’impresa (siti web, social media, ecc.). Come implementare veri e propri “progetti Big Data”? Come cogliere le opportunità di business legate alla gestione delle informazioni? Per accompagnare le aziende a capire le potenzialità dei modelli di BI Analitycs, il 24 ottobre Business International riunisce a Roma la community ICT e le altre funzioni aziendali strettamente collegate (HR, MKg AFC) al BIG DATA CONFERENCE

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Big data, tre profili a confronto sul valore dei dati personali

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Ecco tre profili a confronto sul valore dei dati personali. Il Financial Times, infatti, ha provato a rispondere alla domanda pubblicando sul proprio sito un giochino in grado di calcolare il valore commerciale di ogni singolo profilo.

 

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1) Un professionista sposato, senza figli, con una casa di proprietà, affetto da diabete, appassionato di viaggi e frequentante attività per perdere peso, abitudinario di siti Web relativi a gossip, cibo e politica, dotato di carta fedeltà per un grande magazzino, interessato all’acquisto di auto, vestiti e viaggi. Le società di marketing pagherebbero per i suoi dati 0,6 dollari.

2) Un manager di banca o società assucurativa, divorziato di recente, con figli, senza casa di proprietà ma traslocato di recente, possessore di una barca e frequentatore di palestre e centri fitness, abituale visitatore di siti Web relativi a finanza, politica e blog influenti, interessato all’acquisto di prodotti finanziari, auto e un nuovo smartphone.Le società di marketing pagherebbero per i suoi dati 0,42 dollari.

3) Un imprenditore milionario, fidanzato da oltre tre mesi e in attesa del primo figlio, affetto da obesità, proprietario di una casa e di un piccolo aereo privato, appassionato di crociere, impegnato in attività per perdere peso, abituale visitatore di siti Web relativi a cucina, cibo, auto, giochi e cinema, interessato all’acquisto di auto, vestiti, pacchetti viaggio e in cerca di un nuovo smartphone. Le società di marketing pagherebbero per i suoi dati 1,05 dollari.

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Open data: via libera dal Parlamento Ue a nuove regole sul riuso dei dati pubblici

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Il Parlamento europeo ha approvato oggi nuove regole sugli ‘Open Data’ che permetteranno di usare i dati delle amministrazioni pubbliche per qualsiasi scopo, commerciale o non commerciale, ad esempio, per creare nuove applicazioni per gli smartphone, quali mappe, informazioni in tempo reale sul traffico, condizioni meteo, strumenti di comparazione dei prezzi e così via.

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Con queste misure, che dovrebbero dare un contributo all’economia europea quantificabile in 40 miliardi di euro all’anno, la Ue intende innanzitutto generalizzare la norma secondo cui tutti i documenti messi a disposizione dal settore pubblico possono essere riutilizzati per qualsiasi scopo, se non sono tutelati dal diritto d’autore; stabilire il principio che gli enti pubblici non possono addebitare costi superiori a quelli necessari per soddisfare una singola richiesta di dati; rendere obbligatoria la diffusione dei dati in formati a lettura ottica di uso comune, per garantirne un effettivo riutilizzo; introdurre una supervisione regolamentare per garantire il rispetto di questi principi; ampliare in modo deciso il campo di applicazione della direttiva per includervi, per la prima volta, biblioteche, musei e archivi.

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Open Data, come sono messi i paesi del G8?

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Sarà uno dei temi centrali del summit del G8, al via lunedì prossimo nell’ Irlanda del Nord, quello sugli open data e per l’occasione la Open Knowledge Foundation ha rilasciato i risultati preliminari relativi alla diffusione di informazioni pubbliche come open data, con l’iniziativa Open Data Census, i cui dati complessivi relativi al 2013 saranno diffusi entro l’anno.

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E il quadro che ne emerge mostra come, in quanto a trasparenza e open data, i paesi del G8 di strada da fare ne abbiano ancora. Soprattutto l’Italia, che in una classifica a otto si posiziona solo al settimo posto (dodicesima in quella dei paesi considerati dal Census). La notizia arriva in contemporanea con l’ approvazione da parte delParlamento Europeo di un piano per allargare l’accesso agli open data, facilitando alle aziende il riutilizzo dei dati per lo sviluppo di servizi e applicazioni. 

I dati considerati dall’ Open Data Census comprendono le informazioni relative a risultati elettorali, spese di governo, emissioni di sostanze inquinanti, statistiche nazionali e servizi ai cittadini (come quelle che riguardano i trasporti o le leggi, per esempio), per un totale di dieci aree considerate. Dai risultati preliminari emerge che a guidare la classifica dei paesi più aperti sono gli Stati Uniti e il Regno Unito, seguiti da Francia, Giappone, Canada, Germania, Italia e Russia.

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Pisa, ateneo e Microsoft sperimentano il sistema Cloud

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Nasce a Pisa, grazie alla collaborazione tra l’universita’ e Microsoft Italia il Cloud OS Immersion, nuovo centro di competenza e laboratorio per far toccare con mano ai giovani, alle aziende e
ai professionisti italiani i vantaggi delle nuove tecnologie integrate nel sistema operativo della Cloud.

 

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Scopo del nuovo centro e’ di facilitare l’incontro con la tecnologia e favorire il dialogo e la condivisione di esperienze tra gli esperti Microsoft, i ricercatori universitari, gli studenti, le aziende e gli operatori di canale, per mettere a fattore comune le conoscenze su Cloud Computing e Big Data.

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