Magic Leap One, smart glass per la mixed reality

La startup, fondata nel 2010 e finanziata da vari investitori, tra cui Google e Qualcomm, ha finalmente svelato il suo sistema per la mixed reality. Magic Leap One è composto da tre parti, una coppia di occhiali, un piccolo computer e un controller. L’azienda ha usato il termine “Creator Edition” per indicare il target principale, ovvero gli sviluppatori di contenuti. L’avveniristico gadget arriverà sul mercato nel corso del 2018.

Il lavoro di Magic Leap è rimasto un mistero per molti anni. Nessuno aveva mai visto un prototipo, fino all’inizio di febbraio, tanto da far nascere dubbi sulle capacità del visore. Nonostante ciò, l’azienda ha ricevuto quasi 2 miliardi di dollari e raggiunto una valutazione di 6 miliardi di dollari. Quello annunciato oggi è il sistema di nona generazione, la prima che sarà disponibile al pubblico. Come detto, Magic Leap One è formato da tre componenti: Lightwear, Lightpack e Control.

Lightwear sono smart glass leggeri e confortevoli che verranno offerti in due dimensioni e potranno essere utilizzati anche insieme agli occhiali da vista. Per creare il mondo virtuale e inserire gli oggetti digitali nel mondo reale vengono sfruttate diverse tecnologie per la mappatura dell’ambiente e il tracciamento della posizione. La tecnologia Digital Lightfield permette di generare una luce digitale a differenti profondità che si fonde con la luce naturale, in modo da ingannare il cervello e consentire all’utente di vedere oggetti virtuali. Negli occhiali sono integrate sei videocamere, due altoparlanti e quattro microfoni.

Lightwear è collegato a Lightpack, un piccolo computer di forma circolare che può essere fissato alla cintura del pantalone. All’interno ci sono vari componenti, tra cui CPU, GPU e batteria, ma non sono note le specifiche complete. Il CEO Rony Abovitz ha dichiarato solo che la potenza è simile a quella di un MacBook Pro e un PC Alienware. Control è infine il controller con feedback aptico e sei gradi di libertà.

Magic Leap One supporta diversi tipi di input, tra cui gesture, comandi vocali e tracciamento oculare. Il sistema sarà disponibile all’inizio del 2018 insieme a tutto l’occorrente per gli sviluppatori (SDK, tool e documentazione). Il prezzo non è stato comunicato. Una delle prime app è Tónandi, realizzata in collaborazione con il gruppo rock Sigur Rós.

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La street art in realtà aumentata a Milano

LA STREET ART IN REALTÀ AUMENTATA A MILANO
Arriva MAUA il primo museo diffuso e a cielo aperto con i 50 migliori murales della città.

A Milano arriva MAUA il primo museo diffuso e a cielo aperto di arte urbana in realtà aumentata. Nato dall’idea di proporre itinerari culturali inediti, fuori dal centro e dai più tradizionali circuiti dell’arte, MAUA raccoglie una selezione di 50 opere di street presenti in 5 quartieri milanesi.

Ecco allora l’occasione per esplorare i distretti meno conosciuti della città a caccia delle più belle creazioni degli artisti di strada e una volta scovate ecco la novità: ogni opera, inquadrata con lo smartphone, ne genera una nuova e si trasforma in un lavoro di digital art, appositamente creato per il museo grazie a tecnologie di realtà aumentata.

MAUA è un museo che nasce dal progetto “Milano Città Aumentata”, uno tra i 14 vincitori del “Bando alle Periferie” promosso dal Comune di Milano per ripensare e valorizzare i quartieri. L’iniziativa è stata realizzato grazie a una rete di partenariato composta da Bepart, come capofila, insieme ad altre sei realtà: BASE Milano, Avanzi – Sostenibilità per Azioni, Terre di Mezzo, scuola CFP Bauer, PUSH.e la Fondazione Arrigo e Pia Pin.

L’assessore alla Cultura Filippo Del Corno ha dichiarato: “Un museo è un luogo in cui si testimonia un momento, un passaggio, un pensiero; uno spazio in cui si conserva la memoria di un tempo raccogliendone tracce e segni, in modo che quelle esperienze, viste, vissute e approfondite, possano essere utili allo sviluppo di una comunità.”

Ed è proprio a comunità ad aver selezionato le opere più rappresentative della propria zona che sono poi state fotografate insieme agli studenti e professori della scuola CFP Bauer, fino alla selezione finale 10 dieci murales per ciascuno dei cinque quartieri coinvolti nell’iniziativa: Giambellino-Lorenteggio, Adriano-Padova-Rizzoli, Corvetto-Chiaravalle-Porto di Mare, Niguarda-Bovisa e Qt8-Gallaratese.

L’evento di inaugurazione di MAUA è fissato per domenica 17 dicembre a BASE con una mostra fotografica delle 50 opere selezionate, che potranno essere ammirate anche in realtà aumentata offrendo un’anteprima della visita reale.

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I cyborg sono già tra noi: scopriamo chi sono

Prima di iniziare, c’è un elemento da chiarire subito, perché rappresenta un errore che risiede nelle nostre teste: come immaginiamo un cyborg?
Di base, si immaginano i cyborg come robot umanoidi dotati di un’intelligenza artificiale super avanzata. I cyborg che popolano la nostra fantasia hanno come unico scopo nella loro infinita vita quello di sterminare la razza umana, per questioni di dominio o chissà cos’altro.

Il motivo di ciò è da imputare a film, libri e fumetti fantascientifici, spesso improntati sulla paura. Questo forse per avere più attenzione da parte dello spettatore, perché un sentimento negativo, come la paura, riesce a tenerti incollato allo schermo (o al libro, o al fumetto), al contrario –ad esempio- di un sentimento positivo, come la curiosità del futuro. Così, non ci rendiamo conto che, invece, siamo già circondati dai veri cyborg da anni.

Il transumanesimo
Facciamo un ulteriore passo in avanti e definiamo il transumanesimo: è una corrente di pensiero che propone di utilizzare in modo invasivo tutte le forme di tecnologie immaginabili (e ancora inimmaginabili) per superare i limiti umani, quali:
– invecchiamento, ovvero il deterioramento del corpo umano, che ha come conseguenza la morte;
– malattie
-mutazioni genetiche
– capacità mentali e fisiche.

Il transumanesimo è attualmente un futuro molto lontano e parecchio esasperato, ma può esserci da punto di partenza per parlare dei cyborg.

L’anno scorso, a ottobre 2016, in Svizzera, si sono tenute le Cybathlon, il primo evento sportivo orientato completamente verso atleti che usano dispositivi high-tech (protesi, esoscheletri e altri dispositivi robotici ed assistivi).
Di differenziano dalle Paralimpiadi perché non si tratta di sport “comuni” praticati da persone diversamente abili. Si tratta di discipline totalmente nuove, che spesso possono fare esclusivamente i cyborg.
Ad esempio c’è la Corsa Brain Computer Interface, dove persone che utilizzano la BCI controllano degli avatar che devono correre lungo un percorso.

Lo scopo del Cybathlon è sia di invogliare a investire sulla Ricerca in questo ambito e sia di cambiare la percezione che si ha delle persone che usano queste tecnologie, cercando di farle percepire come “normali”.

Quindi, attualmente un cyborg è una persona che usa la tecnologia per ristabilire una funzionalità persa o parzialmente danneggiata.
C’è, però, la nuova generazione di cyborg, ovvero i cyborg ricreazionali, che vogliono diventare cyborg (ad esempio aspirando ad una vista o udito perfetti) solo perché possono e vogliono farlo.

I cyborg ricreativi
L’uomo nella foto qui sopra è il professor Steve Mann, conosciuto ai più come il primo cyborg al mondo (anche se, da quanto abbiamo detto prima, possiamo intuire che questa definizione non è proprio corretta).

Se non possiamo essere sicuri di definirlo “il primo cyborg al mondo”, possiamo però essere sicuri che è stato il primo ad avere una foto sul passaporto (nel 1995) in cui appare come un cyborg.
Steve Mann non è un novellino: ha iniziato a lavorare su dispositivi indossabili già quando frequentava il liceo, negli anni ’80. All’epoca già lavorava un “occhio digitale”.

L’IEEE, ovvero l’Institute of Electricaland Electronics Engineering ha definito Steve Mann come il padre della realtà aumentata e dei dispositivi elettronici indossabili.
Avete presente l’HDRI (High Dynamic Range Imaging)? l’ha inventata lui.

L’ Eyetap digital eye glass. E’ un dispositivo in grado di catturare tre immagini simultaneamente a diverse esposizioni. Le immagini vengono combinate insieme in real time per produrre una visione del mondo che ha una ricchezza di dettagli irraggiungibili per l’occhio umano. Quindi, con questi occhiali, Steve Mann vede dettagli che normalmente nessuno vede.

Il passo successivo che sta portando avanti è di inserire questo sistema (con una telecamera) dentro un occhio prostetico.
E, a proposito di telecamere, qui si aprirebbe anche tutto il discorso delle registrazioni effettuate con questi dispostivi. Mann (e molti altri) dicono che queste registrazioni si possono paragonare alla memoria umana, mentre molti altri dicono che il paragone non sussiste.

L’uomo con più sensori addosso
Pensate sia troppo? Spingiamoci un po’ oltre: parliamo di Chris Dancy, considerato “l’uomo più connesso al mondo”.
Ha centinaia di sensori addosso, che acquisiscono dati in tempo reale sulle più svariate informazioni. Lui afferma di utilizzare questi dati al solo scopo di migliorare le sue abitudini. Pensate che ha perso anche 45kg.

E’ convinto che questo sia il futuro; afferma che bisogna ancora capire come utilizzare al meglio queste informazioni, ma è convinto che in un futuro non troppo lontano, le persone misureranno più dati possibili riguardo il loro stato di salute, o lo stato dell’ambiente in cui vivono.

Quindi, non solo i cyborg sono già tra noi, ma a quanto pare sarà sempre più possibile aumentare le proprie capacità fisiche e mentali, proprio come vuole il transumanesimo.

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Blockchain e realtà mista, la coppia del futuro

L’utilizzo della blockchain nell’ambito della realtà mista ne potrebbe uteriormente favorire l’adozione.

Spesso e volentieri, le migliori innovazioni nel settore tecnologico nascono dalla “contaminazione” tra due branche che, almeno apparentemente, hanno poco a che fare l’una con l’altra. Succede così, ad esempio, che la realtà aumentata e la realtà virtuale potranno trovare un inaspettato alleato nella blockchain.

La tecnologia fondante dei Bitcoin, secondo diversi esperti, potrebbe fornire alle applicazioni della realtà virtuale e della realtà aumentata quell’ulteriore spunto necessario per diventare nel lasso di tempo più breve possibile il nuovo fenomeno economico-commerciale dell’universo hi-tech.

A beneficiarne, in particolare, dovrebbe essere la cosiddetta mixed reality, ovvero l’unione in un unico prodotto delle tecnologie alla base della realtà virtuale e di quella aumentata. Grazie alla blockchain, infatti, si potrebbero aprire nuovi scenari per la monetizzazione di particolari applicazioni della realtà mista; oppure incrementare il livello di sicurezza in alcuni casi di utilizzo molto particolari questa tecnologia.

Si tratta, al momento, di scenari ipotetici e in piena fase di sviluppo che, però, nei prossimi mesi e anni potrebbero entrare a far parte della nostra quotidianità. Meglio, insomma, farsi trovare preparati.

Nuove forme di monetizzazione
La blockchain, con la sua enfasi su sicurezza, decentralizzazione e indipendenza da grandi centri di controllo, può aiutare le piccole e piccolissime imprese e freelance (come sviluppatori indipendenti, ad esempio) a essere remunerati più facilmente per il lavoro o le prestazioni professionali che svolgono.

La realtà virtuale, da qui a qualche anno, permetterà di assistere a concerti e altri spettacoli dal vivo anche se ci si trova a centinaia o migliaia di chilometri di distanza dal luogo dove si sta svolgendo l’esibizione. Grazie alla blockchain, questi artisti potranno essere pagati in maniera sicura e istantanea, accettando pagamenti in Bitcoin o una delle tante altcoin oggi disponibili sul mercato.

Ma la blockchain potrebbe tornare utile anche a un artista – pittore, ceramista o scultore – che vorrebbe vendere le sue opere senza essere costretto a rivolgersi a gallerie private o case d’asta. Sarà sufficiente creare un tour virtuale e a 360 gradi della propria esposizione per accogliere, grazie a visori VR, possibili acquirenti da tutto il mondo. Legando questa esperienza VR alla blockchain, l’artista potrà essere pagato in criptovaluta nel momento stesso in cui l’acquirente sceglie la propria opera.

Metodo anticontraffazione
Come dimostrato dall’apertura del primo punto vendita di Amazon Go (o da vari esperimenti condotti da tempo in Giappone) il futuro dei punti vendita (siano essi supermarket, centri della grande e piccola distribuzione, negozi di elettronica o abbigliamento) è virtuale. Nel senso che gli utenti potranno entrare, fare compere come sempre e poi uscire dal negozio senza esser costretti a fermarsi alla cassa: un sistema di scansione automatica basato su chip RFID ed NFC, infatti, terrà conto di ciò che mettete nel carrello e stabilirà il totale senza che ci sia bisogno di un cassiere o un addetto del punto vendita. Il pagamento, ovviamente, sarà contactless via smartphone o carta di credito.

In questo scenario, la blockchain garantirà sia i pagamenti, sia l’origine di quello che state acquistando. Grazie a visori AR, infatti, si potrà controllare l’origine della mela o delle fettine che si stanno per acquistare (allevatore o coltivatore, a seconda dei casi) o il produttore del divano che si vorrebbe tanto al centro del proprio salotto.

Da gioco a realtà
I videogame sono, al momento, una delle applicazioni più promettenti (e sviluppate) della realtà virtuale. Grazie alla blockchain, i mondi virtuali nei quali ci si ritrova a videogiocare potrebbero somigliare sempre più al mondo reale nel quale si vive? senza visore. La tecnologia alla base dei Bitcoin, infatti, permetterebbe di fare acquisti in-app tracciati e sicuri, ma consentirebbe allo stesso tempo di verificare l’identità degli avatar che ci si trova di fronte, avendo così la certezza che non si tratti di un bot creato da un computer o di un truffatore. La combinazione di grafica tridimensionale, visori e periferiche VR e della blockchain potrebbe rendere sempre più complessi i mondi virtuali all’interno dei quali si svolgono le avventure videoludiche, trasformandoli in un “analogo virtuale” del mondo reale.

Una nuova realtà
Le potenzialità della blockchain e le sue applicazioni, però, sono virtualmente infinite. Applicandola ai settori più svariati, potrebbe permettere di riequilibrare l’economia reale, slegandola dalle logiche di controllo di istituzioni centrali nazionali e sovranazionali e favorendo lo sviluppo di economie “peer-to-peer” sempre più avanzate e complesse. La nostra stessa vita sociale potrebbe essere rivoluzionata dalla combinazione di mixed reality e blockchain: potendo verificare istantaneamente l’identità degli avatar con cui si hanno relazioni nel mondo della realtà virtuale, si potrebbero avere meno timori su possibili truffe o tentativi di social engineering o phishing.

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Google-backed Magic Leap continues content partnerships w/ Sigur Rós ‘mixed reality’ app

For the past several years, Magic Leap’s augmented reality device has been fervently anticipated due to the various claims made about the company’s technology. However, as 2017 ends, the startup has yet to unveil a product, though a new report today details one app that showcases Magic Leap’s capabilities.

Magic Leap — in partnership with band Sigur Rós — teased an augmented reality app today. This visual “audiovisual project” uses mixed reality (Magic Leap’s branding for AR) to visualize music.

Running at 8-10 minutes, the app is called Tónandi and Pitchfork has published several screenshots of the experience.

I see a group of little sprites floating around in front of me. The jellyfish-like creatures seem to match the waveform of the music I’m hearing through headphones. Encouraged to explore with my hands, I reach out, causing the waveforms to alter shape—both visually and in the audio playback, like a SoundCloud embed that’s somehow alive, three-dimensional, and responding to my movements. After initial sheepishness, I chase these non-existent tónandi like a clumsily psychotic bear in a very expensive gadget shop.

During the demo, the experience is able to adjust for the environment that the wearer is in:

The real-world demo space I’m in is decorated to resemble a living room, and the tónandi adjust to account for a table with oversized hardcover book on top of it.

Whatever I’m seeing, it isn’t just something pasted over my surroundings, but something that acknowledges those surroundings, and therefore seems more real.

Magic Leap’s strict non-disclosure agreement applies to the Pitchfork piece, however, we do get some hints. The piece — while taking about augmented reality headsets in general — notes narrow field of views, as well as the need for devices to connect to a battery pack for the foreseeable future.

The latter aspect lines up with a Business Insider report from February that notes how the current prototype features two packs for a battery and a processing unit that connect to the headset via a wire

In terms of launch, the report only notes how Tónandi might be available to download on Magic Leap “someday,” while the app “feels like it’s nearly ready for public consumption.”

The augmented reality startup has been working on this experience for four years. Besides massive funding from Google and venture capitalists, Magic Leap has been able to strike major partnerships with Lucasfilm and ILMxLAB in 2016 and with Peter Jackson’s visual effects company.

Today’s glimpse into Magic Leap seems to reaffirm how the company might be addressing AR’s content problem.

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