Ormai siamo abituati ad avere fra le mani controller wireless, precisi, funzionali e ricchi di tasti, se non addirittura sistemi complessi come Kinect e – a breve – i dispositivi per la realtà virtuale. Eppure, quando sono nati i videogiochi, i controller erano semplicissimi, quasi banali, come il joystick dell’Atari 2600 o il gamepad del buon vecchio NES.
Il video che vi proponiamo mostra l’evoluzione dei controller videoludici negli anni, facendoci fare un tuffo nella nostalgia, nonché ricordandoci quanti passi avanti sono stati fatti nell’ambito dei sistemi di controllo. Pensare che negli anni 80 avevamo solo un tasto, poi due e ora siamo quasi in grado di farne a meno, usando direttamente il nostro corpo, non fa che riempirci di speranza per il futuro. E, nel caso di chi scrive, un po’ di tristezza per il fatto che questa evoluzione l’ha vissuta in prima persona, ricordandogli quanti compleanni sono passati dalla priva volta che ha provato un videogioco.
Il nuovissimo televisore 3D potrebbe essere già vecchio. O almeno rischia di diventarlo con l’arrivo sul mercato di Oculus Rift: al Sundance, il festival del cinema indipendente in corso fino al 31 gennaio a Park City (USA), si è infatti avuto un assaggio della realtà virtuale applicata al cinema, in grado di offrire allo spettatore un’esperienza più coinvolgente e immersiva di quella possibile con il 3D.
Lo scorso anno al Sundance si erano visti i primi cortometraggi realizzati per Oculus Rift, ma in questa edizione la sezione New Frontiers della manifestazione porta al debutto una trentina di opere realizzate per questa tecnologia, con una sala in cui sono proiettate opere visibili non sul grande schermo, ma indossando un visore e ritrovandosi al centro nell´azione.
Ci si ritrova così in prima persona nel bel mezzo di una storia di fantasmi, o a vivere le emozioni di una donna che si sveglia dopo essere stata ibernata per 30 anni, a indagare su un omicidio fra le mura domestiche, a fianco di un sopravvissuto all’Ebola in Africa o ad affrontare un incontro ravvicinato con una balena.
Chi ha avuto modo di assistere alle prime presentazioni è rimasto affascinato dall’esperienza emozionale offerta dal cinema in VR, nonostante certi “vizi di gioventù” come una qualità delle immagini generalmente inferiore allo standard cinematografico al quale siamo ormai abituati. Ma siamo solo agli inizi, in attesa che le major cinematografiche investano massicciamente in questa direzione.
Domenica il Sundance ha ospitato anche una VR Lounge, all’interno della quale si sono viste demo, showcase, installazioni dedicate alla realtà virtuale e alle sue potenzialità, ma per tutta la durata del festival sono in programma presentazioni e tavole rotonde che affrontano le più svariate sfaccettature della VR, dall´hardware necessario per produrla e per vederla alle possibili applicazioni al giornalismo.
Ancora più interessante è il fatto che non c’è bisogno di volare nello Utah per vedere le novità del cinema in realtà virtuale presentate quest’anno al Sundance: basta avere un Gear VR di Samsung (il visore realizzato da Samsung con la collaborazione di Oculus VR per funzionare in abbinamento agli smartphone Galaxy S6, S6 Edge, S6 Edge+ e Note 5) o un economicissimo Google Cardboard (in cui inserire un telefono Android) e scaricare l”app Milk VR per vedere gratuitamente, fino al 12 febbraio, 13 dei titoli protagonisti della rassegna statunitense. Quanto basta per rendersi conto di come la rivoluzione VR potrà cambiare per sempre il lavoro dei cineasti e l’esperienza degli spettatori.
This installation is a rare look at the innovations in immersive entertainment being developed inside ILMxLAB—an advanced media lab and development group that is a collaboration between Lucasfilm Story Group, Industrial Light & Magic, and Skywalker Sound. The Holo-Cinema is presented as a new scenic design and experience theatre that allows participants to step inside iconic story moments, walk around the performing characters, and explore worlds as they portal inside a fully immersive media environment. Wearing specially motion-tracked stereo viewing glasses, participants will have a 4-D viewing experience in which scenic elements and performers will appear as if moving holograms or augmented reality.
Off Main Street here, on the third floor of a classic ski-town building, a larger-than-life C3PO loomed over guests while BB-8 scurried by.
The Sundance Film Festival is a bastion of by-your-bootstraps independent film. What were characters from the highest-grossing movie of all time doing here?
Showing off The Holo-Cinema, a new technology being developed by Walt Disney Co.’s Lucasfilm to expand the “Star Wars” universe to the living room.
Users, wearing augmented reality glasses, can explore the Jakku desert and walk around a three-dimensional C3PO while he neurotically frets and BB-8 rolls around. The world comes into 3-D focus with the glasses on. Without them, the scene looks like an unfocused projection against the wall.
The storytelling possibilities for the technology are vast — users could eventually climb into the Millennium Falcon or poke around Rey’s junkyard.
Developed in a Lucasfilm division called the ILMxLAB — an R&D headquarters for the “Star Wars” teams — the Holo-Cinema is going to be used to drop fans into cinematic moments that need more immersion than the passive theater experience, said John Gaeta, executive creative director of new media at the lab.
In a few years, technology will have developed to the point where the projection and immersion could be experienced just by putting on a pair of augmented-reality glasses, he said. It could be accessed at theme parks installations, or by consumers in their own home.
The technology is developed with members of Lucasfilm’s story group, so the experiences feed into the overarching “Star Wars” universe being developed by the group, said Gaeta. Eventually, the form could be used to build “portals” that explore whole worlds or subplots of the “Star Wars” universe only hinted at in film, he added.
“We can put more story out there,” he said.
The Holo-Cinema and other filmmaking technology are at Sundance as part of the festival’s New Frontier programming, which highlights creative advancements in storytelling.
Gaeta expects the augmented-reality technology to be prevalent in three to five years and mainstream for all sizes of movies in five to ten years. The team isn’t beholden to “Star Wars”; they’re also developing experiences for other filmmakers, he said.
“Directors can say, ‘What is the emotional moment I want to explore?’” he said.
Dopo la bufera per il prezzo di lancio di Oculus Rift, qualche considerazione a freddo sulle esperienze virtuali disponibili oggi. E su quelle che ci aspettano
Tanto tuonò che piovve. Virtualmente, sia chiaro. Mentre rimane difficile sapere se sarà Oculus Rift a traghettarci in massa verso lidi immersivi a 360 gradi, è il prezzo dell’headset virtuale di Facebook – 599 dollari per gli States, 742 euro tasse e spedizione incluse dalle nostre parti – a produrre la prima rivoluzione fra il pubblico, in subbuglio dopo l’annuncio: un costo non alla portata di ogni tasca, cui va sommato quello di un computer dai requisiti minimi non proprio minimali, quantificabili fra i 1000 e i 1500 euro aggiuntivi.
Per farla breve, oggi il biglietto per immergersi nel futuro sintetico costa quasi 2mila euro. Confort di alta gamma non compresi nel prezzo.
Eppure, nonostante anche le impressioni di Wired non siano univoche – si passa dall’ottimismo dell’edizione americana ai nostri toni più prudenti – pare che tutti concordino sul fatto che liquidare il Rift spacciandolo per l’ennesima chimera del virtuale sia una bocciatura quantomeno frettolosa.
E non tanto perché sulle superbe potenzialità economiche dell’infante, analisti e attori in gioco convengano (Cta e Gfk prevedono che, nel solo 2016, il fatturato globale della VR toccherà i 540 milioni di euro, una crescita del 440% anno su anno); piuttosto perché a prescindere dal Rift, dal Vive Pre (in uscita ad aprile e con un prezzo che le ipotesi vorrebbero sui 1500 euro), da PlayStation VR (800 euro secondo un leak di Amazon Canada, smentito da Sony), ebbene a prescindere da qualsiasi visore magari ancora da progettare, una e una sola cosa è certa: il nostro domani sarà virtuale. E almeno aumentato.
La quotidianità sarà sempre più pervasa da contenuti alternativi o integrati di qualsiasi tipo, ma comunque immateriali. Si tratti di un altrove – VR –, o di qualcosa sovrapposto al circostante – AR -, pensare a un mondo in cui materico e digitale siano separati sarà retaggio d’altri tempi. Non è un caso aumentino gli psicologi che, come Matteo Lancini nel suo Adolescenti navigati (Erickson), fanno notare quanto i più giovani percepiscano le propaggini digitali come un continuum con la propria identità, meglio un evidente “prolungamento del sé”.
Lungi dalle premonizioni, la cosa appare una logica conseguenza di quanto testato negli ultimi 2 anni. E soprattutto di quanto fatto intravedere da aggeggi ancora acerbi e dall’appeal massivo tutto da dimostrare.
Vero, Oculus potrebbe non essere il nostro Virgilio fra le lande virtuali, ma Caronte lo è di sicuro. Senza gli occhialoni concepiti dal 23enne in infradito di Long Beach, lungi dal tornare fra i trend tecnologici più chiacchierati del mondo, realtà virtuale e aumentata sarebbero rimaste quella chimera pseudo-scientifica di mezzo secolo fa, tradotta in hardware da esperimenti grotteschi. O un’oscura tecnologia maneggiata tuttalpiù dall’esercito e, ça va sans dire, dall’industria del porno.
Ecco perché qui di seguito raggruppiamo le 5 esperienze virtuali più interessanti al momento. Non tanto le più belle e meglio realizzate, sia chiaro: piuttosto, quelle che anche in fieri dimostrano come potranno trasformarsi alcune nostre certezze.
Che i videogiochi predicano il futuro si è ribadito più volte. È dunque opportuno partire da loro per immaginare l’impatto delle nuove tecnologie visive, soprattutto perché proprio dall’ambito ludico queste hanno mosso i loro nuovi passi verso la conquista del mondo. Nondimeno, perché proprio a una frazione di giocatori Luckey si è detto interessato almeno nella prima fase di diffusione dei suoi occhiali.
Se e quando quella porzione possa diventare la totalità per poi estendersi a tutti è il dilemma dell’industria. E i pareri sono antitetici, come dimostrano da un lato gli entusiasmi di Sony, Valve, Microsoft e pure Google, e di contro la reticenza di colossi come Electronic Arts, che per almeno 2 anni, ha dichiarato, non crederà ad alcun miraggio virtuale.
Tant’è, già oggi titoli come l’italiano Assetto corsa, o la simulazione spaziale di Frontier Developments, Elite: Dangerous – attualmente la miglior esperienza fruibile via Oculus –, sono la prova di come generi classici possano rinascere grazie a un visore VR, e offrire esperienze senza precedenti né paragoni in quanto a immersività, divertimento e percezione.
Sembra allora già doveroso criticizzare l’impatto percettivo di “videogame a 360 gradi”, soprattutto se – come per esempio dimostrato da Star Citizen – i giochi promettono di riscrivere le dinamiche di community online, o di generare transazioni reali e mercati grigi mai così verosimili, insomma di avere conseguenze più umane dell’umano: a un anno dalla sua pubblicazione, l’universo spaziale creato da Cloud Imperium già alimenta compravendite di mezzi digitali a tiratura limitata, contrattazioni su servizi in game, o forme di associazionismo sintetico “in anticipo”, delineando orizzonti relazionali tutti da scoprire. E di cui sarà necessario valutare l’impatto soprattutto sul pubblico più giovane.
Che cosa accomuna i Dallas Cowboys, i San Jose Sharks e un pilota di mech corazzati? Tutti e tre rivelano quanto domani sport e universi sintetici saranno non solo contigui, ma sempre più sovrapposti. Talvolta indistinguibili.
L’anno scorso, i mastini di Dallas sono stati la prima squadra professionistica a utilizzare caschetti virtuali per allenarsi. Merito di StriVRLabs, compagnia fondata dagli ex giocatori Nlf Derek Belch e Trent Edwards insieme con Jeremy Bailenson, attuale direttore del Virtual Human Interaction Lab della Stanford University, con lo scopo di affinare la pratica sportiva tutelando l’incolumità degli atleti. In altri termini permettendo il perfezionamento degli schemi di gioco senza che i campioni ci rimettano l’osso del collo.
Di più hanno fatto Otoy, New Deal Studios e Immersive Media, che ad aprile 2014 avevano permesso per la prima volta ai possessori di Oculus o Gear VR di vedere in diretta i San Jose Sharks contro i Los Angeles Kings da qualsiasi posto in arena preferissero, linea di porta e panchina delle riserve comprese. Il tutto rimanendo comodamente seduti in poltrona, a casa propria. Un’anteprima di come, presto, anche il ruolo dello spettatore potrebbe rinnovarsi.
A tal proposito, Rigs – Mechanized Combat League promette di essere la sintesi fra nuovi modi di praticare lo sport e tifarlo. Il tripla A in produzione per Guerrilla Cambridge non solo consentirà di vivere in prima persona e attraverso PlayStation VR una nuova disciplina in grado di mescolare calcio, pallacanestro e tiro al bersaglio corazzato – i giocatori competono pilotando robot di 3 metri super armati; a detta del suo game director, Piers Jackson, sarà uno spettacolo coinvolgente come pochi, qualcosa di divertente anche solo da guardare. Come i migliori sport “tradizionali”. Un cocktail futuribile – e buonissimo – di agonismo, tecnologia e spettacolo. La fusione definitiva di eSport ed esperienza in prima persona, si sia atleti in campo o tifosi sul divano.
Per non dire dell’intrattenimento audiovisivo
Non che per cinema o musica la voglia di essere dentro l’esperienza sia da meno. Lo suggeriscono gli accordi di Facebook con 20th Century Fox, che al lancio del visore renderanno disponibile su Oculus Store un centinaio di titoli della major (fra cui Alien, Die Hard o Cast Away), così come la volontà di produrre – si vedano il recente The Walk di Robert Zemeckis, ma anche un progetto simile dedicato a The Martian di Ridley Scott – intere sequenze fruibili a 360 gradi.
In ambito musicale, le riprese dei concerti di Paul McCartney o dei Coldplay realizzate da JauntVr o NextVr sono il corrispettivo della pulsione al protagonismo celebrata da Guitar Hero Live, ultimo nato in casa FreeStyleGames. Il titolo rinvigorisce la serie di Harmonix Music Systems titillando, attraverso l’esperienza in soggettiva e la condivisione in rete, le più intime fantasie da rockstar dell’utente. Non è un caso se lo sviluppatore si sia detto molto interessato ai futuri orizzonti della realtà virtuale.
Non solo; progetti come The Nepal Quake Project, una testimonianza da dentro la tragedia commentata da Susan Sarandon e realizzata dalla media company Ryot, dimostrano come anche il giornalismo potrebbe ricalibrarsi sul desiderio condiviso di vivere i fatti più che di sentirseli raccontare. Il “New York Times” ha già spedito ai suoi lettori un Google Card Board.
A scuola, dal medico al museo. Non che sia obbligatorio divertirsi
L’intrattenimento, in effetti, sembra solo un ambito di un futuro fatto di virtualità stereoscopica. E, a dirla tutta, nemmeno quello principale. Lo scorso settembre nientemeno che la Sorbonne ha ospitato il gotha mondiale della realtà aumentata e virtuale: studiosi, filosofi, sviluppatori, inventori. La quattro giorni, ribattezzata Immersion 2015, itinerante e da anni organizzata dal movimento internazionale immersiveeducation.org, è l’apice di una sensibilità sempre più spiccata nei confronti di quanto ar, vr, intelligenza artificiale e robotica possano produrre se integrate.
Senza toccare vette accademiche, progetti come Relive – Future of Health Award 2012, oggi gratuito su Steam -, The Apollo 11 Experience, ma anche la collaborazione fra il duo di artisti digitali Streamcolors e il museo milanese Poldi Pezzoli – che inventa un nuovo modo di visitare spazi e collezioni e che ha a che fare con la virtualità tridimensionale solo in nuce – lo ribadiscono: lungi dal farci giocare a Farmville o Minecraft in 3d, o dal trasformarci in piloti galattici con Eve: Valkyrie – il gioco compreso bel bundle iniziale di Oculus -, ci ritroveremo realtà virtuale e aumentata in ogni ambito del nostro tran tran quotidiano.
Dalla guerra al porno: con tutta la tua vita in mezzo.
E a chi, ancora scettico, non credesse allo Smart Helmet per operai del futuro presentato due settimane fa al CES da Daqri – 9 telecamere incorporate e un chip Intel per elaborare informazioni sovrapposte alla realtà lavorativa di ogni giorno – non rimarrebbe che consigliare una panoramica sulle due industrie più all’avanguardia di tutte: quella militare e il porno.
Circa la prima si rimanda a un reportage che ben più di anno fa raccontava novità da lasciare attoniti. Ai profeti del porno di certo sarà dedicata più di qualche riga prossimamente.
Other options superior for quality control, hazardous environments
A report from independent research and advisory firm Lux Research Inc. has identified Google Glass coming up short in many usage cases, with smart glasses like Sony’s SmartEyeglass and Osterhout Design Group’s R-7 better suited for the needs of industrial workers, customer service reps and quality control agents.
The report categorized more than 70 enterprise deployments of smart glasses, focusing on three aspects of core criteria – access to information, real-time communication, and documentation.
“Google Glass is in the game only for real-time communication,” the report concludes. “Google Glass is a truly viable option only in real-time communication applications such as online sales support. Even there it faces competitors like Vuzix, which is the best fit in this segment — light enough to be worn all day and meeting the need for live video streaming.”
We agree with the Lux Research report on a number of counts. Back in summer 2013, we were fortunate enough to be invited into Google’s Glass Explorer program, where we received a first-generation Glass unit with 1GB of RAM and running XE1 firmware. We tried out the device for the next couple months, working all the way up to the XE5 firmware, and couldn’t help but conclude that development progress for many critical features was taking way too long. Core functionality was also very “experimental” to say the least. In one example, sending a text message or tweet using voice recognition was risky because the API would not always predict correctly and there is no “backspace” button, thus requiring several voice attempts to finally send a correct message.
Before ending its Explorer Program in January 2015, the company ended its consumer development with XE22 firmware (released October 2014). Nearly twenty-two updates later, the latest release finally allowed Android users see their notifications on the Glass interface.
"As next-generation glasses such as Epson’s Moverio BT-2000 and Meta Pro emerge, the field will become even more competitive, ending a period of high premiums for hardware. Software and service will become the primary way to maintain margins," said Tony Sun, Lux Research Analyst and lead author of the report titled, "Better Than Google Glass: Finding the Right Smart Glasses for Enterprise." the inevitability of augmented reality slide
While most of the 70 smart glasses evaluated by Lux Research are still in pilot programs, many of them are expected to be deployed for the needs of factory workers, distribution centers, oil fields, field services, aerospace, construction, healthcare, and other industries. In fact, Garner estimates that smart glasses may begin to save the field service industry $1 billion per year in 2017.
During its CES 2016 keynote, Intel unveiled a pair of smart glasses that can help wearers see inside objects, for example. The X-ray like glasses were co-developed by virtual reality firm Daqri and aim to increase safety, productivity and well-being of workers in a variety of industrial settings.
"Smartglasses with augmented reality (AR) and head-mounted cameras can increase the efficiency of technicians, engineers and other workers in field service, maintenance, healthcare and manufacturing roles," said Angela McIntyre, research director at Gartner. "In the next three to five years, the industry that is likely to experience the greatest benefit from smartglasses is field service, potentially increasing profits by $1 billion annually. The greatest savings in field service will come from diagnosing and fixing problems more quickly and without needing to bring additional experts to remote sites." Other examples of smart glasses for enterprise use include video collaboration with experts in remote locations for faster repairs. Gartner says employees at remote sites can communicate and share video with experienced workers to obtain advice on diagnosing and fixing local problems. In healthcare industries, the glasses can be used for telemedicine and expert consultations with doctors in remote areas for guidance on how to perform medical procedures.
Lux’s analysis concludes that ODG’s R-7 is the “best all-around device” because it is only one of few on the market that does not need a wired controller and meets industrial standards for hazardous environments. The report also concludes that Sony’s SmartEyeglass “stands out for customer service and quality control” because it is light, small and competitively priced. The device also comes in a close second place behind the Meta-1 for warehousing, assembly and installation work.