Microsoft’s latest HoloLens app is an augmented reality movie maker

The developer kit for Microsoft’s HoloLens ships at the end of this month, and the company is busy showing off new apps and experiences for the augmented reality headset. The latest is Actiongram, an AR movie maker that allows users to shoot videos of people interacting with holograms. The app isn’t intended to compete with the special effects of a Hollywood green screen, but Microsoft wants HoloLens owners to create fun, short, and shareable clips for social media.

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Anche Intel nella “corsa alla realtà virtuale”: avrà il suo visore

INTEL potrebbe costruire il suo visore per la realtà virtuale e fare un passo un più fino alla realtà aumentata. L’indiscrezione arriva dal Wall Street Journal, che sottolinea come la casa di Santa Clara abbia “acquistato almeno cinque aziende che lavorano sulla tecnologia di realtà aumentata e investito in altre”. Come Recon Instruments, produttore di dispositivi smart per l’attività sportiva, tra cui i Recon Jet, occhiali dotati di schermo su cui sono visualizzate informazioni utili, dalla distanza percorsa al passo mantenuto, ma dopo lo stop dei Google glass l’attenzione si concentra sui dispositivi indossabili come Oculus Rift, il visore progettato da Facebook, ha fatto dichiarare a Mark Zuckerberg: “Un giorno parleremo solo in chat”. Con in testa i suoi occhialoni, magari. O quelli di altri giganti del settore, tra cui ora c’è Intel.

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Una norma riconosce le professioni del Web!

Un documento con lo scopo di supportare il corretto riconoscimento profili professionali per il Web da parte del mercato del lavoro. Finalmente è stata approvata una norma tecnica UNI 11621-1/4, impieghi e competenze specifiche dei professionisti della rete. Si tratta di una norma che ha avuto un percorso lungo e che non tutti conoscono, che ha avuto origine grazie ad un gruppo di professionisti del settore nel 2006, oggi a dieci anni di distanza è diventata concreta. 

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Il Gruppo Web Skills Profiles, costituito nel dicembre del 2006 da IWA Italy (la sezione italiana di IWA/HWG associazione internazionale di professionisti del Web riconosciuta come realtà di standardizzazione dal CEN), e al quale partecipano oltre 200 professionisti, rappresentanti di aziende ed associazioni, ha l’obiettivo di definire i profili professionali del Web, progetto considerato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri una innovazione in ambito nazionale da esportare all’estero, citato all’interno del programma nazionale per le competenze digitali dell’Agenzia per l’Italia Digitale.

Il 30 giugno 2014, con aggiornamento al 31 dicembre 2014, l’Associazione IWA Italy, sezione italiana di IWA/HWG ha pubblicato ufficialmente la versione 2.0 del documento contenente i profili professionali operanti nel Web uniformati secondo le direttive CEN in materia di Generation 3 (G3) European ICT Profiles e basati sul modello e-CF 3.0, nonché le modalità di utilizzo dei medesimi. (Fonte SkillProfiles.eu)
Macroaree profili Professionisti del Web

Già a luglio del 2010 era stata divulgata una prima lista di professionisti del Web con circa diciassette voci, ad oggi la lista dei profili riconosciuti è stata ampliata profili:

 

1. Web Community Manager
2. Web Project Manager
3. Web Account Manager
4. User Experience Designer
5. Web Business Analyst
6. Web DB Administrator
7. Search Engine Expert
8. Web Advertising Manager
9. Frontend Web Developer
10. Server Side Web Developer
11. Web Content Specialist
12. Web Server Administrator
13. Information Architect
14. Digital Strategic Planner
15. Web Accessibility Expert
16. Web Security Expert
17. Mobile Application Developer
18. E-commerce Specialist
19. Online Store Manager
20. Reputation Manager
21. Knowledge Manager
22. Augmented Reality Expert
23. E-Learning Specialist
24. Data Scientist
25. Wikipedian

Per gli addetti ai lavori, e per noi aspiranti tali, questo sembra davvero un piccolo passo per l’uomo, un enorme passo per l’umanità (cit. Neil Alden Armstrong)! Lo so, lo so non siamo ritornati sulla luna e non abbiamo scoperto altre forme di vita su Marte, ma sicuramente da oggi noi professionisti del Web possiamo dormire sogni più tranquilli e sentirci un po’ più tutelati.

Se rientrate in questa lista buon per, gli altri profili forse considerati ancora minori dovranno pensare ancora un po’, come del resto avranno sicuramente già fatto finora.

La norma tecnica, in generale si riferisce a:

manager ICT, offrendo modelli organizzativi di responsabilità, compiti, competenze e controlli tra i diversi attori (ICT e non);
professionisti e manager ICT, per definire descrizioni delle posizioni, piani di addestramento individuali e prospettive di sviluppo;
responsabili delle Risorse Umane (HR manager), per prevedere e pianificare il fabbisogno di competenze;
manager della didattica e dell’addestramento, per pianificare e progettare con efficacia programmi di studi ICT;
studenti, per facilitare l’informazione ed il loro orientamento professionale;
responsabili di ricerca di mercato e strategia, per usare un linguaggio comune con lo scopo di prevedere le esigenze di lavoro e competenze professionali Web in una prospettiva di lungo periodo;
manager degli Uffici Acquisti, fornendo definizioni comuni per capitolati tecnici efficaci nelle gare nazionali ed internazionali;
chiunque altro necessiti di un riferimento riconosciuto e accettato nell’ambito dei profili professionali per il Web per la sua professione, la sua azienda, la sua organizzazione.
Questa norma può diventare un pretesto per adeguarsi alla novità, per realtà come LinkedIn, Facebook at Work e tutte le piattaforme di recruiting, nonché per gli addetti di settore, i tanto temuti HR. Una buona occasione per conoscere meglio le professioni del Web e, di conseguenza, formulare annunci di lavoro più specifici e mirati.

Ok, fin qui tutto molto bello! Non voglio di certo rompere un idillio, ma una norma da sola non basta a cambiare l’intera situazione. Scrivo per (la mia breve) esperienza personale nel settore.

La norma ora esiste e serve a cambiare la forma.

Ma il risultato? Ci si augura che i buoni propositi non svaniscano come l’effetto dei grandi titoli che parlano dell’approvazione della norma tecnica!

Non per essere ripetitivi e negativi, ma il cambiamento potrà finalmente avvenire solo quando saranno anche le mentalità imprenditoriali a cambiare, quando si smetterà di pensare al Web Community Manager o all’E-commerce Specialist (per citarne solo due della lista) solo come uno stagista mal retribuito, sottopagato in cambio di esperienza nel settore. La visibilità e Partite Iva camuffate da lavoro parasubordinato non pagano.

Digitalizzare un’azienda non significa assumere uno stagista full-time e sperare che faccia miracoli, per quattro spiccioli. Digitalizzare un’azienda significa, invece, assumere si uno stagista che di certo potrà avere competenze specifiche e soprattutto aggiornate nel settore, ma investire anche nella sua formazione e pensare a lungo termine!

Finché si continua a pensarla così, non basterà una norma tecnica a cambiare la situazione!

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Le competenze dei professionisti del Web sono standard normati: italiani primi in Europa.

Oggi, 28 gennaio 2016, è stata pubblicata la norma multiparte UNI 11621-1/4: 2016 Attività professionali non regolamentate – Profili professionali per l’ICT, che nella sua parte 3 va a normare i Profili professionali relativi alle professionalità operanti nel Web.

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Le competenze dei professionisti del Web sono standard normati: italiani primi in Europa.

Si tratta di un grande risultato per tutti i professionisti del Web che vedono così riconosciuto il lavoro svolto anche grazie alGruppo di lavoro Web Skills Profiles. Nel dicembre del 2014, infatti, il Gruppo pubblicava 25 profili di competenze del professionista Web, realizzati in modalità collaborativa con rappresentanti di enti ed associazioni, in accordo con le direttive CEN in materia di Generation 3 (G3) European ICT Profiles e basati sul modello dell’e-Competence Framework 3.0.

Nella norma sono previsti tutti i 25 profili di competenza pubblicati dal Gruppo.

Afferma Roberto Scano, presidente di IWA Italy e presidente della Commissione UNINFO APNR-ICT (Attività professionali non regolamentate) per AgID: “I professionisti Web ora finalmente hanno un riferimento normativo. Grazie a questa norma tecnica, prima in Europa, siamo stati in grado di dare sia un modello di riferimento per tutte le professionalità ICT, sia una serie di profili per chi opera nel Web. Da oggi possiamo dire che i professionisti Web esistono, e sono catalogati in 25 profili professionali. Grazie a IWA e alla collaborazione di tutti gli attori presenti nella commissione APNR si è potuto quindi dare inizio ad una fase di valorizzazione delle competenze. Grazie inoltre al sistema di certificazione e di attestazione da parte delle associazioni, sarà possibile identificare i professionisti ICT e Web. Ed in questo IWA, di cui sono presidente, sarà senz’altro l’attore principale per il settore Web.”

Afferma Pasquale Popolizio, vicepresidente di IWA Italy e coordinatore del Gruppo Web Skills Profiles e del Gruppo di Lavoro Professionista Web, costituito in seno allaCommissione UNINFO APNR-ICT: “Con la pubblicazione della norma multiparte UNI 11621-1/4: 2016 si aprono scenari e opportunità molto importanti per i professionisti del Web, le Università, le organizzazioni formative, le agenzie per il lavoro, le aziende e gli enti certificatori. I professionisti potranno certificare le loro competenze, le Università e gli enti formativi potranno, anzi, direi dovranno, ampliare la loro offerta formativa con corsi e master specifici, le agenzie per il lavoro potranno aggiornare le loro categorie di riferimento, le aziende potranno così contare sempre di più su professionisti con competenze aggiornate e certificate mentre gli enti certificatori potranno offrire percorsi di certificazione specifici.”

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Storytelling interattivo: Realtà Virtuale VS Realtà Aumentata

Alzi la mano chi ha desiderato, almeno una volta, di essere nei panni di Neo. Sfidare Morpheus a suon di pugni e calci rotanti e dimostrargli di saper padroneggiare le arti marziali orientali. Magari vivere nel futuro distopico ideato dai fratelli Wachowski non sarebbe il massimo, ma avere la possibilità di interagire in una realtà virtuale è rimasto il sogno di molti videogamers sin dalla fine degli anni novanta. Un sogno che si potrebbe avverare in questo anno solare, grazie alla commercializzazione di tecnologie progettate per rendere possibile l’esplorazione e l’interazione in una dimensione simulata.

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Realtà virtuale: un sogno oppure fantascienza?

 

Matrix però non è l’unica pellicola che ha sdoganato l’argomento, possiamo ricordare anche l’immenso eXistenZ di David Cronenberg e Nirvana del nostro Gabriele Salvatores, per citarne i più famosi. La visione cinematografica è quasi sempre pessimistica riguardo queste tecnologie, utilizzate sistematicamente in modo erroneo o senza una razionalità etica. Oggi, a distanza di quasi vent’anni da questi capolavori della settima arte, abbiamo la possibilità di sperimentare tecnologie simili, che riescono totalmente ad inglobarci in uno storytelling interattivo.

La prima società che ha provato a farsi strada nella realtà virtuale è stata la Nintendo nel 1995, con la commercializzazione del Virtual Boy negli Stati Uniti e in Giappone: un prodotto mai arrivato in Europa per l’incredibile flop di vendite dovuto soprattutto alla capacità della console di generare esclusivamente il colore rosso, in un periodo in cui i videogiocatori si stavano abituando a mondi colorati.

Successivamente alla catastrofica esperienza di Nintendo, di realtà virtuale non si è più parlato. Fino a quando un personaggio eccentrico come Palmer Luckey, ha presentato nel 2012 un fantasioso progetto su Kickstarter, la nota piattaforma di crowdfunding. Il suo nome è Oculus Rift e in poco tempo riesce ad ottenere due milioni e quattrocento mila dollari di finanziamenti solo grazie a Kickstarter: l’attenzione è tutta sul nuovo progetto di Luckey. La società viene acquistata da Mark Zuckerberg il 25 marzo 2014 e infine viene stretto un accordo con la Microsoft per la commercializzazione ludica del progetto. Oculus si posiziona così tra la realtà social e quella videoludica.

L’idea di Luckey alla base di Oculus Rift è semplice e rivoluzionaria: attraverso due schermi ad alta risoluzione, che producono l’effetto stereoscopico, e dei sensori di movimento, Oculus riesce ad inglobare l’utente in una realtà virtuale. Il visore potrà essere associato in futuro anche ad altri hardware in via di sviluppo, ad esempio il Cyberith Virtualizer della compagnia austriaca Cyberith GmbH, una sorta di tappeto circolare che può emulare il movimento dell’avatar.

Intanto la Sony non è rimasta a guardare e ha annunciato il suo Playstation VR (originariamente conosciuto come Project Morpheus, guarda caso), una soluzione che dovrebbe essere più economica di Oculus (il cui prezzo ufficiale di lancio è di 699€), che porterà la realtà virtuale su Playstation 4. Il Playstation VR funziona grazie alla localizzazione nello spazio da parte di Playstation Camera, che traccia i nove led presenti sulla parte frontale del visore.

Anche HTC, attraverso un accordo con Valve, si è dedicata allo sviluppo di un visore che sarà un diretto concorrente di Oculus e Playstation VR: l’HTC Vive. Un visore che si concentrerà sulla dimensione ludica rappresentata dal mondo PC, difatti i giochi che saranno supportati dal Vive saranno commercializzati sulla piattaforma di digital delivery SteamVR.

Intanto vediamo spuntare come funghi progetti basati sulla stessa idea di Palmer Luckey, dal Razer OSVR al Samsung Gear VR, fino a giungere allo Zeiss VR One.

Però fino a qualche tempo fa, prima dell’esplosione di Oculus Rift e delle sue controparti (un exploit ancora tutto da confermare, ma presto vedremo come si evolverà la situazione, quando i visori approderanno sul mercato), sembrava che una tecnologia parallela dovesse prendere il sopravvento: la realtà aumentata. Questa tecnologia è stata portata avanti in prima istanza da Big G, con i suoi Google Glass, attraverso un’operazione di ricerca e sviluppo inizializzata nel 2013. Ma, a quanto pare, il mercato della realtà aumentata non sta attecchendo: la notizia di qualche giorno fa della cancellazione degli account ufficiali degli occhiali smart sembra un segnale piuttosto chiaro dato da Google.

Questo ovviamente non impedisce ad altre società di abbracciare la realtà aumentata, attraverso l’utilizzo di altri device: proprio in questi giorni è stato annunciato dalla Game Freak, storica sviluppatrice dei giochi Pokémon, un nuovo e particolarissimo titolo: Pokémon GO. Un’opera totalmente basata sulla realtà aumentata, distribuita su sistemi Android e iOS. Immaginate di camminare per strada e all’improvviso vi arriva la notifica della presenza di pokémon. Tirate fuori lo smartphone o il Pokémon Go Plus (un piccolo device indossabile che faciliterà il gioco)… ed eccolo lì: un caterpie che se ne sta all’angolo della strada, visibile sul vostro smartphone. Decide di attaccarlo col vostro charmander per indebolirlo e poi catturarlo. Ora caterpie è vostro, potete allenarlo. Ma dove? Avete sentito che sul lungotevere c’è un pokémon raro, perché non provare ad andarlo a cercare, approfittandone per farvi anche una passeggiata?

Pokémon GO apre così la parentesi ludica della realtà aumentata, un modo di relazionarsi al videogame nuovo ed estremamente originale, che si candida come alternativa valida alla realtà virtuale. Se Pokémon GO dovesse avere un successo virale probabilmente assisteremo all’invasione di una nuova generazione di videogame, che daranno filo da torcere alla realtà virtuale.

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