Il funzionamento del cervello umano ha da sempre interessato gli scienziati di tutto il mondo e sicuramente gli studi sulle sue attività forniscono sbocchi sempre più interessanti. Cosa avviene nella testa di ciascuno di noi quando siamo alle prese con le attività di ogni giorno è ciò che maggiormente ha interessato un gruppo di ricercatori dell’Università di Drewel, in America.
Grazie alla tecnologia della spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso sono riusciti a registrare l’attività cerebrale monitorandola nell’arco di un’intera giornata. Nessun intervento invasivo è stato eseguito grazie ad un tipo di strumento che si indossa come una fascia.
In particolare l’interessamento è avvenuto per la registrazione di attività che riguardano i momenti in cui utilizziamo il computer, lo smartphone o siamo attenti a guardare la televisione o ad utilizzare il web in generale, proprio in relazione al concetto di realtà aumentata.
Le registrazioni sono avvenute con successo e senza il minimo sforzo da parte di chi ha partecipato al progetto come “cavia”. I dispositivi che si usano per condurre esperimenti del genere sono di solito degli occhiali speciali e quindi vanno posizionati sugli occhi. Questo è, invece, una vera innovazione proprio perché si indossa sulla fronte. La fascia si indossa come un normale indumento e non provoca condizionamenti nei movimenti né impedimenti nello svolgimento di alcun tipo di attività.
I primi risultati del test portato a termine dai ricercatori dell’Università di Drewel sono stati pubblicati sulla rivista Frontiers in Human Neuroscience. Nell’articolo descrivono come il test sia stato in grado di misurare anche le differenze in termini di carico e di consapevolezza di sé tra le attività normali che vengono svolte quotidianamente e quelle legato all’uso di dispositivi che ci calano in una realtà aumentata.
Risultato? Quando si utilizzano occhiali per la realtà aumentata il carico di lavoro per il cervello è minore e la consapevolezza di sé resta intatta. Si pensa già ad un adattamento delle scoperte fatte alle teorie di didattica generale e a quelle di scienze della comunicazione.
Era inevitabile che accadesse. Il 2016 è l’anno di nascita della realtà aumentata in versione mainstream: non più una tecnologia innovativa di comunicazione riservata solo a campi d’applicazione specifici (beni culturali, manutenzione, automotive, medicina, e così via), ma una tendenza dominante, un fenomeno di massa.
E questo grazie Pokémon Go, un gioco di realtà aumentata lanciato lo scorso 6 luglio e diventato in poche settimane un successo planetario, basato sui simpatici animaletti (i ‘Pokemon’, appunto) che, sul finire degli anni ’90, hanno appassionato bambini e ragazzi con cartoni animati e giochi per il Gameboy.
Il gioco è stato sviluppato da Niantic, che era inizialmente una startup interna a Google, prima di divenire nel 2015 un’entità indipendente. Poi nel 2016 ha realizzato Pokémon Go in collaborazione con The Pokémon Company.
Lo scopo del gioco è quello di accumulare il maggior numero di punti cercando e catturando tutte le 151 specie di Pokemon, disseminati nel mondo reale. Ora grazie alla tecnologia della realtà aumentata, del Gps e la fotocamera dello smartphone il giocatore di Pokemon Go viene portato a esplorare paesi e città vicini e lontani per catturare più Pokémon. Mentre si è in giro, il nostro smartphone potrebbe vibrare nel caso ci fossero Pokémon nelle vicinanze.
Quando si incontra un Pokémon, si prendi la mira sul touch screen dello smartphone e si lancia una Poké Ball per catturarlo. Questo richiede anche una certa prontezza per evitare che il Pokemon fugga e scompaia senza lasciare alcuna traccia. Il gioco invita inoltre a cercare anche i Pokéstop disseminati nei posti più famosi, come opere di arte pubblica, luoghi d’interesse storico e monumenti dove è possibile raccogliere Poké Ball e altri strumenti utili per far acquisire forza ai Pokemon catturati, facendoli avanzare di livello.
Pokemon Go è stato progettato e sviluppato con una certa cura (almeno a questo stadio di evoluzione degli “augmented reality games”). Il gioco è agile e accattivate, grazie alla realtà aumentata, e presenta anche un forte aspetto social.
Non mi dilungherò su tutto ciò che accadendo intorno al mondo del Pokémon Go (l’eliminazione di luoghi sensibili come Hiroshima e il memoriale della Shoah a Berlino, eventi e i raduni organizzati in tutto il mondo Italia compresa, critiche, articoli di studiosi della comunicazione ed esperti social game, interventi di sociologi e giornalisti, l’allarme lanciato da Codacons che ha ipotizzato una correlazione molto stretta tra l’utilizzo del videogioco e l’aumento di incidenti sulle strade italiane, ecc…), ma voglio porre l’attenzione sui numeri impressionanti, e in costante crescita, di questo gioco: nel giro di poche settimane, ha collezionato 75 milioni di download!
L’applicazione viene utilizzata per una media di 43 minuti al giorno, il che significa che gli utenti stanno mantenendo l’applicazione attiva sui loro smartphone. 1800 le calorie bruciate in media ogni settimana da chi gioca a Pokemon Go. Più di 15 milioni i tweet e quasi 6 miliardi le visualizzazioni dell’hashtag #pokemongo solo nella prima settimana dal lancio dell’applicazione.
Un fenomeno senza precedenti dovuto a questa nuova forma di comunicazione aumentata (possiamo iniziare a dire di “massa”) e di fare gaming. Non ultimo il fatto che lo smartphone ce l’hanno praticamente tutti.
Sta nascendo così una nuova generazione di utenti di smartphone in grado di utilizzare questa tecnologia. E questo è un aspetto importante perché si apriranno nuove modalità nel mondo dei servizi visto che si potrà contare su utenti esperti nell’uso degli smartphone e delle relative applicazioni di realtà aumentata. D’altronde ABI Research, in una sua recente ricerca, descrive il mercato della realtà aumentata in costante crescita e che varrà 100 miliardi di dollari nel 2020.
Gli scenari che la realtà aumentata sta aprendo sono numerosi e ricchi di opportunità che il nostro Paese non può permettersi di perdere. Ci vuole un cambio culturale che investi per prima nella formazione. Per progettare e sviluppare giochi in realtà aumentata, p. es, per tornare al caso Pokémon Go, ci vogliono competenze “ar game design”, di “ux game design”, di progettare e sviluppare ambienti di realtà aumentata, di programmazione, di modellazione 3D, nuove forme di storytelling per una nuova forma di comunicazione (aumentata).
Partire dalla formazione per creare nuovi ruoli professionali come quello dell’ “augmented reality expert”, o dell’ “augmented reality designer”, p.es., sarebbe un passo importante per cogliere appieno queste opportunità. Ed è in questa direzione che stanno andando la mie iniziative per avviare percorsi di alta formazione in questo stimolante e promettente settore.
Il numero di dispositivi connessi a Internet (Internet of Things, IoT) ha recentemente superato il numero totale di esseri umani sul pianeta.
Viviamo in un mondo sempre più connesso e teoricamente più intelligente. Dico “teoricamente” dato che gestire la grande quantità di dati significa usare strumenti sempre più sofisticati per fare in modo di generare informazioni intelligenti per noi. E questo richiede molto studio e un cambiamento nei programmi e nelle modalità di apprendimento e di acquisizione di competenze.
Gli esperti del settore stimano che entro la fine del decennio gli oggetti connessi a Internet saranno 50 miliardi. Prevedono, inoltre, che nei prossimi dieci anni l’IoT genererà un valore economico globale di 6,2 trilioni di dollari.
L’Internet delle cose (IoT) sta già cambiando il modo di interagire con il mondo. I nostri dispositivi sono più intelligenti, e ci permetteranno a breve di impostare, p. es., il termostato alla temperatura che vogliamo o attivare la lavatrice o il preriscaldamento del forno. E tutto questo mentre stiamo tornando a casa con la nostra auto.
La realtà aumentata come sappiamo è un sistema di grafica interattiva che permette di sovrapporre alla realtà percepita dall’utente – tramite, p.es., la fotocamera del proprio smartphone – oggetti virtuali in tempo reale. In pratica la percezione del mondo dell’utente viene aumentata. Da qui il termine di realtà aumentata.
Ma cosa c’entra questa con l’Internet delle cose?
Ricordiamoci di come lavoravamo prima dei cellulari. Era necessario essere alla scrivania per prendere le chiamate dei clienti o rispondere a precise richieste e ulteriori informazioni. Ora con gli smartphone tutto è cambiato. Possiamo leggere email in tempo reale e rispondere prontamente alle richieste pervenuteci; possiamo condividere progetti ed rielaborarli; possiamo preparare la presentazione per la nostra prossima riunione, e così via. Insomma ci riesce difficile immaginare di portare avanti la nostra attività professionale senza l’uso intelligente di questi oggetti (preferisco dire “uso intelligente degli oggetti” a “uso di oggetti intelligenti”). E in questo caso stiamo parlando solo di smartphone. Ma se prendiamo in considerazione le “wearable technologies”, ovvero tutte quelle tecnologie portabili ed indossabili (Sensori, micro-computer, smarwatch, braccialetti da fitness e occhiali intelligenti, ecc.), che modellate attorno al corpo delle persone, diventano un valido assistente per i bisogni dell’utente, ampliando anche la sue capacità sensoriali, si aprono scenari vastissimi e del tutto nuovi.
Le possibilità di sviluppo delle tecnologie indossabili sono molteplici e le ricerche si stanno concentrando nella direzione di una sempre maggiore naturalezza e comfort.
Le aziende hanno ora compreso il valore dell’ IoT e molte di loro hanno iniziato a incorporare sensori in impianti di produzione. Questi dispositivi producono enormi quantità di dati che le aziende stanno iniziando a sfruttare per guadagnare un vantaggio competetivo rispetto ai loro competitor.
Ed è qui che il connubio tra la realtà aumentata e l’internet delle cose diventa determinante per immaginare una “business revolution” che vada ben oltre quello che è accaduto con i telefoni cellullari o gli attuali smartphone.
La chiave di questa rivoluzione è l’accesso ai dati. Ad esempio, nel settore delle costruzioni, possiamo immaginare caschi intelligenti (smart helmets) che raccolgono informazioni sull’ambiente in cui sta operando un tecnico e che forniscono in tempo reale informazioni e istruzioni utili allo stesso tecnico.
Questo permette al lavoratore di ottimizzare i tempi di lavoro e allo stesso tempo di migliorare il fattore sicurezza vista la tempestività delle informazioni di cui può usufruire. Pensiamo anche alle applicazioni che la realtà aumentata insieme all’ IoT possono dare nel settore del design e della prototipazione: la possibilità di creare e modificare modelli 3D posizionandoli e combinandoli con l’ambiente reale, simulando test di sollecitazione fino al collaudo virtuale.
Questi sono solo alcuni degli infiniti esempi di applicazioni che la realtà aumentata e l’ internet delle cose sono e saranno in grado di proporre per avviare un radicale cambiamento nei più diversi ambitii, come quello dell’ industria, della salute, dell’ intrattenimento, dello sport e della cultura. Per quanto rigurda l’Italia qualcosa si sta muovendo, grazie soprattutto alle startup innovative. Ma in questo settore le competenze sono difficili da trovare e a questo proposito ben vengano iniziative legate a progetti didattici innovativi che guardano a queste nuove tecnologie come delle importanti opportunità di sviluppo e crescita professionale e impreditoriale. Ne daremo notizia a breve.
Oggi torniamo a parlare dei progetti futuri dell’azienda di Cupertino, di cui vi avevamo già offerto un’anticipazione, riportandovi le parole dette dal CEO Tim Cook durante un’intervista che lo stesso ha rilasciato al Washington Post: al centro dello sviluppo dei prodotti futuri, il colosso statunitense ha reso noto di aver scelto di puntare in particolar modo sulle tecnologie della realtà aumentata e dell’intelligenza artificiale.
Del resto, anche durante la presentazione dei risultati trimestrali, Cook aveva sottolineato come l’AR potesse diventare una vera e propria risorsa per il futuro del comparto hi tech, come testimoniato del resto dalla popolarità dell’app di Pokemon Go, vero e proprio trionfo tecnologico dell’estate 2016, che potrebbe fare il suo ingresso nei prossimi device mobile della casa di Cupertino, anche grazie alle acquisizioni di diverse società.
Del resto, Apple nel frattempo ha depositato diverse richieste per il brevetto di tecnologie correlate al mondo della realtà aumentata, ciò che fa presuppore che l’azienda di Tim Cook pensi già allo sviluppo di device con esperienza utente AR. Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, Cupertino potrebbe introdurre nei suoi device (in particolare smartphone) strumenti più potenti come assistenti personali più evoluti.
Che la Sanità sia uno dei terreni prediletti per lo sviluppo di applicazioni di realtà aumentata iniziano a pensarlo in tanti. Basta dare un’occhiata all’impennata dei finanziamenti nell’industria high tech Usa che nei primi quattro mesi del 2016 ha visto girare più soldi rispetto ai precedenti cinque anni. Merito dello sviluppo della tecnologia e di aziende come la LensAr, Augmedix, GenePeeks, Brainlabe molte altre. Grazie alla loro attività si è passati dai 2,6 milioni di dollari del 2010 ai 120 milioni di questa prima parte dell’anno. L’interesse per la Sanità è stato testimoniato anche dall’ultima edizione dell’Augmented world expo che si è svolto in giugno a Santa Clara. La rassegna californiana ha messo in mostra alcune soluzioni come quella presentata da Shafi Ahmed di Medical realities (qui il sito della società) che ha parlato del ruolo che la Realtà aumentata può giocare sul fronte dell’insegnamento.
Shafi utilizza i Google Glass per diffondere in diretta le operazioni a circa 14mila studenti in 32 paesi. L’idea è di velocizzare la curva di apprendimento degli studenti che possono così fare parte di una comunità globale. Citando uno studio di Lancet ha spiegato che ci sono nel mondo cinque miliardi di persone che non hanno accesso a interventi chirurgici sicuri e convenienti. In più ci sono circa 143 milioni di operazioni semplici che devono essere eseguite ogni anno e che necessitano di 2,2 milioni di chirurghi, ostetriche e altre figure.
ARnatomy si occupa invece di anatomia cercando di andare oltre i tradizionali metodi di insegnamento. Per questo stanno lavorando a progetti dove per esempio la parola femore sia abbinata a immagini e altre informazioni, ma anche un modello di scheletro integrato con la realtà aumentata.
AccuVein cerca di risolvere i problemi legati ai prelievi di sangue grazie all’utilizzo di uno scanner portatile che mostra a medici e infermieri dove sono le vene del paziente. Lo scanner è utile anche per altre operazioni nel campo estetico. Secondo uno dei manager dell’azienda il 40% delle volte viene fallito il primo tentativo di trovare la vena e la percentuale aumenta nel caso di bambini e neonati. Lo scanner di AccuVein, già utilizzato su oltre dieci milioni di persone, rende 3,5 volte più probabile il centro al primo colpo.
Risonanza magnetica e non vedenti
Current studios si è concentrata invece sulla risonanza magnetica con una tavoletta per fare giocare i bambini prima della risonanza e che misura la loro capacità di rimanere sdraiati per lunghi periodi di tempo. Inoltre i dottori hanno una dashboard con i dati del bambino che gli permette di capire se il piccolo può avere bisogno di anestetici per sopportare l’esame e quindi non sedarli quando non è necessario.
Con Va-st si va in aiuto dei non vedenti grazie a un nuovo tipo di visore. “La maggior parte delle persone definite cieche – ha spiegato Stephen Hicks fondatore della società – riescono comunque a vedere qualcosa”. Per questo ha sviluppato un visore da utilizzare nella vita di tutti i giorni che li aiuta a riconoscere i volti o evitare gli ostacoli. Il dispositivo può per esempio evidenziare un contorno intorno a un volto che ne permette l’identificazione da parte del cieco. Va-st è stato testato su circa trecento persone in Uk e potrebbe entrare in commercio nel 2016.Nel 2014 si è aggiudicato il Google’s Impact Challenge.