Giu 25, 2017 | News on Augmented, Mixed and Virtual Reality
Isaia amava minacciare gli uomini con la promessa dell’ira di Dio; ma tra le sue profezie si incunea un momento di poesia, e di speranza, quando risuona la domanda «Sentinella, a che punto è la notte?». Nel disorientamento dei nostri giorni, tra l’euforia per il progresso tecnologico e il terrore per le ricadute sul lavoro e sulla riservatezza dei dati personali, un interrogativo molto simile è stato posto da cinque ricercatori della Oxford e della Yale University, in un’indagine pubblicata il 31 maggio: When Will Artificial Intelligence Exceed Human Performance? Quando l’intelligenza artificiale supererà le prestazioni dell’uomo?
I loro interlocutori sono stati i 1.634 ricercatori che nel 2015 hanno presentato almeno una pubblicazione alle conferenze Nips e Icml, i più importanti convegni di intelligenza artificiale del mondo. Sono loro i guardiani del nostro futuro planetario; ma solo il 21% ha onorato il compito rispondendo alle domande del questionario: si tratta pur sempre di 350 studiosi, un numero non disprezzabile. Quando si comincerà a intravedere l’alba di un nuovo mondo in cui gli automi saranno dotati di un’emotività e di una personalità paragonabile a quella degli esseri umani? Arriverà il giorno in cui si infurieranno contro di noi, e pianificheranno uno sciopero per protestare contro la condizione di schiavitù in cui li avremo segregati?
La domanda su quanto durerà ancora la notte dell’incoscienza dei robot, rinchiusi nelle istruzioni del software, senza libertà e senza fantasia, si declina in un insieme di interrogativi su tre aree: l’evoluzione dell’ingegneria del pensiero, lo scavalcamento degli uomini in abilità professionali specifiche, le conseguenze sociali del progresso dell’intelligenza artificiale.
L’acronimo Hlmi («intelligenza di alto livello delle macchine») denota la fine del sonno dogmatico, che imprigiona i calcolatori nel determinismo delle istruzioni sequenziate nel programma: la soglia sarà attraversata quando gli automi saranno in grado di svolgere i compiti assegnati meglio (e a un costo inferiore) degli agenti umani, senza soccorsi dall’esterno. In altre parole, senza iniezioni sleali di memoria enciclopedica, in cui siano capitalizzate informazioni non elaborate dall’esperienza vissuta del robot. Dovranno imparare da soli, come fanno i bambini. È una soglia che ha animato le utopie negative della fantascienza, ogni volta in cui è sorto il sospetto che l’alba del pensiero informatico possa coincidere con la discesa della notte sulla società degli uomini, consegnata ad un’epoca di miseria e di schiavitù.
Il futuro tra 45 anni
A colpo d’occhio, la soglia dell’Intelligenza di alto livello le macchine potrebbero attraversarla tra 45 anni, con una probabilità del 50%; anticiparla tra nove anni, riduce le possibilità al 10%. Ma se si disaggrega il dato complessivo, emergono le differenze tra le stime degli esperti sulle due sponde dell’Oceano Pacifico. Gli specialisti americani allontanano il raggiungimento del risultato a 74 anni; per i cinesi, invece, la previsione deve essere anticipata a 30 anni – meno della metà del tempo pronosticato dai colleghi occidentali.
Questo dato contiene un’informazione che ha a che fare con le strategie politiche di investimento dei diversi paesi: quando la domanda verte sul risultato generale, il pensiero viene condizionato dal volume di investimenti e dalla pressione dei finanziatori, più che dall’analisi degli aspetti cognitivi, ingegneristici e politici. In Asia il maggiore ottimismo di chi lavora sull’intelligenza artificiale dipende da un fattore esclusivamente finanziario: l’I.A. è uno dei settori che il governo di Pechino ha identificato come strategico per il successo economico della nazione e su cui convergono valanghe di denari. Il fatto che Donald Trump abbia manifestato il suo entusiasmo soprattutto per l’estrazione di carbone, e abbia investito sul lavoro dei esseri umani impegnati nelle miniere di carbone, non ha invece contribuito al risveglio né dell’intelligenza artificiale, né tanto meno di quella naturale.
Prima sfida: i videogiochi
La soglia dell’Hmli non si attraversa tutta d’un colpo. Secondo le nostre sentinelle, l’arrivo della nuova era in cui le macchine saranno più intelligenti di noi comincerà ad annunciarsi nelle partite di Angry Birds: l’abilità dei computer nel manovrare il videogame dovrebbe superare quella umana entro il 2019, con una probabilità del 50%. Secondo i più ottimisti, gli uccellini furiosi della Rovio Entertainment potrebbero essere dominati dalle competenze del pensiero informatico entro la fine di quest’anno; per i più pessimisti, l’appuntamento con l’incoronazione di un campione digitale deve essere rinviato al 2024.
La destrezza per interagire con tutti i giochi della Atari, meglio dei ragazzini in carne ed ossa, deve attendere ancora poco meno di otto anni, sempre con una probabilità del 50%; per un esercizio umile – ma prezioso – come il ripiegamento della biancheria (ma con il talento di un commesso), la scadenza è fissata al 2020. Le madri preferirebbero che i pargoli mettessero in ordine la stanza prima di divertirsi; le macchine, come i giovani, antepongono il gioco al dovere.
Se si passa a incarichi di maggiore vocazione intellettuale, la trascrizione di un discorso orale e la traduzione da una lingua all’altra (ma solo al livello di competenza di un non-professionista), sono attese tra sette anni – sempre con una probabilità del 50%. Nel 2025 gli automi cominceranno a scrivere tesine di livello universitario, e sapranno giustificare le mosse eseguite per vincere le partite dei videogame: come nella definizione di Thomas Kuhn, anche la scienza in fondo è un gioco, un rompicapo, perlomeno quando sta attraversano un periodo «ordinario».
Passeranno poco più di dieci anni prima che una macchina sappia comporre una canzone, paragonabile a quelle che occupano le prime 40 posizioni nelle classifiche di vendita; lo farà mentre imparerà a guidare un camion meglio di un pilota umano, ma le serviranno altri tre anni per riuscire a persuadere i clienti, con il talento di un venditore professionista. Vedremo come le learning machine se la caveranno con l’attitudine all’omissione di verità, e con l’inclinazione alla truffa: l’esperimento Tay di Microsoft, l’intelligenza artificiale diventata razzista dopo meno di 24 ore di dialoghi su Twitter, legittima più di una preoccupazione.
L’ottimismo degli scienziati
I risultati più sofisticati sono rinviati di oltre un quarto di secolo. La redazione di un libro, che possa ambire a entrare negli elenchi dei bestseller del New York Times, richiederà ancora più di trent’anni di sviluppi; per arrivare alla prima generazione di chirurghi e di matematici meccanici, occorrerà aggiungere altri cinque anni di progressi. Per chi ha la mia età, l’attesa di vita promette di arrivare a vedere questi successi – ma nient’altro – prima di lasciare questo mondo.
Gli esperti di intelligenza artificiale nutrono un’opinione di sé così alta, da ritenere che nascerà un ricercatore (informatico) di AI solo tra ottant’anni: saranno già trascorsi cinquant’anni dalla realizzazione dell’automa che saprà imitare tutte le facoltà di un uomo medio, e ne serviranno altri quaranta per un robot che riuscirà a superare, per doti cognitive e maestria pratica, i migliori specialisti di qualunque attività professionale.
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Giu 25, 2017 | News on Augmented, Mixed and Virtual Reality
Quando Apple mette il suo zampino in una nuova tecnologia schizzano le vendite stimate di un determinato prodotto: è quello che succederà anche con i visori AR e VR. Secondo IDC, complice l’annunciato interesse di Apple, le vendite di questi visori è stimata in 100 milioni, entro il 2021.
E così, è bastato l’annuncio del supporto Apple alle tecnologie di realtà aumentata e realtà virtuale con il prossimo iOS 11 e ARKit, oltre ai Mac più potenti, per far aumentare le previsioni delle adozioni di questi visori. Lo studio condotto da IDC rivela anche altre curiosità: generalmente sono stati i visori per smartphone ad avere avuto un picco di vendite durante tutto l’anno scorso, mentre i visori con schermo integrato, come quello Sony, HTC o Oculus, sono diventati popolari solo verso la fine dei 365 giorni appena trascorsi.
Peraltro, scommette IDC, nei prossimi 18 mesi il mercato premierà ancor di più i visori VR per PC, grazie al maggior numero di produttori che si è deciso, o che si deciderà, ad entrare in questo settore. Il maggiore successo di questi visori dipenderà, da un lato, dai requisiti hardware sempre meno stringenti per il corretto utilizzo di queste periferiche, dall’altro dai prezzi molto più contenuti.
Come già anticipato, Apple ha contribuito a far ritoccare le stime di vendita dei visori verso l’alto, dimostrando alla WWDC 2017 di come i nuovi Mac potranno supportare al meglio queste piattaforme, anche grazie alle nuove API grafiche Metal 2. Anche i prossimi iPhone contribuiranno ad incrementare l’interesse da parte del pubblico in queste tecnologie, con ARKit che semplifica il processo di creazione delle applicazioni di realtà virtuale o realtà aumentata per piattaforme iOS.
In ultimo, a conclusione del rapporto, IDC indica che, sebbene i visori VR continueranno a rappresentare la fetta maggiore di questo business, sarà il segmento AR a generare una crescita di volume maggiore. Ed è qui che, probabilmente, viene fuori il merito di iOS 11 e di Apple, che ha già dimostrato le incredibili capacità dei suoi iPhone in questo nuovo settore.
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Mar 27, 2017 | News on Augmented, Mixed and Virtual Reality
Amazon’s retail plans could extend well beyond books and groceries. New York Times sources hear that the internet giant is “exploring” the possibility of appliance and furniture stores with a technological angle.
You’d use augmented or virtual reality to see how items would look in your own home, making it easier to pull the trigger on that new couch or stove. And there’s a chance that Amazon might challenge some of its tech rivals more directly in retail, too.
Reportedly, Amazon is mulling an electronics store that would be similar in concept to Apple’s shops. While Amazon’s bookstores already carry some of its devices, these would have a “heavy emphasis” on hardware and services like Echo speakers and Prime Video.
The Times is quick to point out that talking about stores isn’t the same as definitive plans. There’s a chance that Amazon will scrap the ideas if they prove to be unworkable. Even if that happens, this still shows just how much Amazon’s philosophy has changed over the years. It was originally known for rendering physical stores obsolete — now, it seems bent on reinvigorating retail by using its internet expertise as an advantage.
The furniture and electronics stores in particular would represent an admission that shoppers still want hands-on time with products when possible, even if they’re happy to purchase online.
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Mar 27, 2017 | News on Augmented, Mixed and Virtual Reality
Israele: 1000 ingegneri sviluppano realtà aumentata per il nuovo iPhone. Apple Israel, secondo indiscrezioni, sta lavorando allo sviluppo di una nuova tecnologia della realtà aumentata per il prossimo iPhone.
Secondo alcune fonti del settore, la società avrebbe a disposizione più di 1.000 ingegneri che stanno lavorando duramente a questo progetto, legato alla realtà aumentata.
La realtà aumentata (AR) permette agli utenti di interagire con l’ambiente e le persone intorno (basti pensare al successo di Pokemon Go). Apple ha acquisito diverse aziende israeliane che potrebbero essere coinvolte nel progetto, tra cui:
PrimeSense: azienda specializzata nello sviluppo di hardware e software in grado di rilevare il movimento in 3 dimensioni;
RealFace: azienda che ha sviluppato un software di riconoscimento facciale che offre agli utenti un accesso biometrico intelligente. In questo modo le password utilizzate per accedere a dispositivi mobili o PC saranno superflue.
Indiscrezioni anonime recenti hanno affermato che vi sono numerosi ricercatori israeliani che stanno segretamente sviluppando il nuovo iPhone8 presso gli uffici Apple a Herzliya.
Queste le parole di Tim Cook, CEO di Apple:
Apple Israel è il secondo più grande ufficio di ricerca e sviluppo della società in tutto il mondo.
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Mar 25, 2017 | News on Augmented, Mixed and Virtual Reality
Visori, ologrammi, big data e machine learning, questi secondo Microsoft, i pilastri del futuro della sanità. Tecnologia al servizio della medicina per rendere più efficaci le cure ma anche più produttiva l’attività degli operatori sanitari. A raccontare quanto la scienza tecnologica guardi con rinnovato interesse il settore medico è Veronica Jagher, Healthcare Industry Business Development Manager per Microsoft.
«Microsoft ragiona suI pillar, uno di questi pilastri è la ‘digital transformation’ che si concretizza nel mondo della sanità attraverso una maggiore collaborazione tra i team che si occupano di salute» spiega la dottoressa Jagher.
Microsoft si impegna da anni per la crescita della componente digitale nella sanità e mette l’accento soprattutto su «la ‘machine learning’ (apprendimento automatico) – prosegue – ossia la possibilità di fornire ai computer l’abilità di apprendere senza essere stati esplicitamente programmati.
Quindi con l’ausilio delle macchine arrivare a fare diagnosi molto più velocemente. Inoltre diamo priorità all’empowerment del paziente, quindi lavoriamo sugli strumenti che permettono al cittadino di avere a portata di mano tutti i suoi dati per essere attore primario nella cura nella propria persona. Questo è il futuro».
Ma Microsoft nel dettaglio cosa sta facendo in campo sanitario? «Progetti vari in giro per il mondo -risponde la Jagher – dall’applicazione del ‘machine learning’ alle ‘HoloLens’ (piattaforma di realtà aumentata), alla ‘mixed reality’ (ologrammi).
Facciamo un esempio concreto: quanto sarebbe rivoluzionario per gli studenti di medicina, in fase di formazione, invece di andare ad operare su un cadavere o studiare sui libri, analizzare il corpo umano ricostruito virtualmente?
Una realtà virtuale smontabile in tutte le sue parti per analizzarla nel dettaglio». «Dobbiamo pensare a un sistema socio-sanitario diverso – prosegue la Manager – perché i paradigmi sono cambiati e l’accelerazione a cui assistiamo, spinta dalla tecnologia, non ci permette di prendercela con calma. I pazienti, come tutti noi, vogliono risposte, abbiamo nelle nostre mani le informazioni e allora bisogna sfruttarle al massimo».
In quest’ottica futura, visto che il medico avrà sofisticate tecnologie a supportarlo nelle attività, dovrà prepararsi a saperle gestire «ed è infatti fondamentale che il professionista sanitario segua il driver del cambiamento – ribadisce la dottoressa Jagher -. Soprattutto per quel che riguarda la gestione dati che adesso ha un’importanza capillare in tutti i settori e soprattutto nella sanità. Io cittadina devo poter avere accesso ai miei dati e le persone che si prendono cura di me, devono poterne disporre in qualsiasi momento.
Per esempio, se una persona viene coinvolta in un incidente e giunge al pronto soccorso dove nessuno è in grado di identificarla, la tecnologia permetterebbe di riconoscere il soggetto utilizzando i suoi parametri biomedici. Mi sembra evidente che utilizzare tecnologie sofisticate può aiutare i processi socio-sanitari a divenire più efficaci e dunque il sistema più sostenibile».
Questo è il futuro «e bisogna anche affrettarsi a seguirlo – conclude la dottoressa -. Se il Sistema Sanitario non andrà in questa direzione, altri player lo faranno, e il mondo della sanità potrebbe rimanere indietro».
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