Occhiali per Realtà Aumentata, nel brevetto Apple l’iPhone diventa un controller

Apple sta lavorando a un paio di occhiali per realtà aumentata e l’iPhone potrebbe fungere da controller. È quanto si apprende da un nuovo brevetto che descrive un sistema capace di combinare i due dispositivi per garantire una migliore fusione tra Realtà Aumentata e mondo reale.

Nello specifico questi occhiali smart, dotati di schermo semi-trasparente, sarebbero capaci di posizionare con precisione elementi tridimensionali nel mondo circostante, sfruttando sensori e GPS per calcolare l’esatta posizione dell’utente. Nell’esempio documentato viene mostrata l’evoluzione di un’applicazione per le Mappe, che segna percorsi e punti di interesse nell’ambiente circostante.

Tale sistema sarebbe un’alternativa a quanto abbiamo in parte già visto da uno dei recenti video di applicazioni sviluppate con ARKit, dove l’utente semplicemente inquadrava il mondo circostante con l’iPhone per vedere le indicazioni stradali su muri e strade attraverso la fotocamera del dispositivo.

Qui però l’iPhone avrebbe un altro ruolo, quello di controller per interagire con il software: occhiali come questi infatti non potrebbero offrire un’interazione touch come quella a cui siamo abituati con lo schermo degli smartphone. Ecco che quindi il sistema sarebbe in grado di riconoscere la posizione del dito dell’utente sullo schermo, virtualizzando probabilmente un cursore sul display degli occhiali per permettere all’utente di effettuare click e selezioni.

Continuando sull’esempio evidenziato dal brevetto, i cui dettagli sono stati resi noti dal sito AppleInsider, punti di riferimento, edifici noti e altri oggetti tipici sono comunemente denominati POI (“Point Of Interest”) nelle applicazioni di mapping, inclusa l’app Mappe di Apple stessa.

La Casa di Cupertino integra già POI per alcune funzionalità di ricerca in Mappe; sono usati, ad esempio per cercare ristoranti e stazioni di servizio. La proprietà intellettuale per la quale Apple ha chiesto il brevetto, va oltre i punti di interesse visualizzabili su una mappa in due dimensioni, prevedendo modalità utilizzabili nell’ambito della Realtà Aumentata.

Nello specifico è previsto quando mostrare POI nelle vicinanze, visualizzando quali rilevanti o in qualche modo vicini alla vista nel mondo reale. Sfruttando dati relativi a latitudine, longitudine e altitudine, il sistema può elaborare l’ubicazione rispetto ai POI target visualizzando dettagli sullo schermo.

Dopo avere determinato la posizione dei POI, indicazioni grafiche con annotazioni interattive sono sovrapposte sull’immagine catturata. I sensori, inclusi quelli di profondità di future fotocamere, possono essere sfruttati per collocare marcatori in punti ben determinati. Gli indicatori sono in qualche modo ancorati alle rispettive controparti presenti nel mondo reale. Se, ad esempio, l’utente comincia a spostarsi a sinistra, gli edifici mostrati sullo schermo si spostano di conseguenza, così come i punti di interesse mostrati sul display, come se fossero “incollati” alle varie posizioni.

Nel brevetto si mostrano vari modi per interagire con i POI, tenendo ad esempio anche del modo in cui l’utente ha l’iPhone in mano (in verticale o in orizzontale). Il brevetto di Apple è un’estensione di un brevetto che era stato registrato dalla tedesca Metaio, azienda specializzata in Realtà Aumentata acquisita da Cupertino nel 2015.

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HTC annuncia il Vive Standalone

Dopo Worldsense di Google, anche HTC entra nella corsa ai visori standalone per la Realtà Virtuale.

La compagnia di Taiwan ha annunciato un HTC Vive Standalone, che sarà in grado di funzionare senza la necessità di un collegamento al PC grazie al tracciamento inside-out.

Come potete vedere dall’immagine in testa alla notizia, il nuovo visore indipendente è molto simile nel design a quello che la stessa società sta sviluppando insieme a Google per Worldsense, ma saranno due apparecchi completamente diversi, ad iniziare dalla piattaforma di supporto: i visori di Google sfrutteranno la piattaforma DayDream, il nuovo Vive invece sarà supportato da Viveport, la piattaforma di distribuzione di applicazioni VR dedicata ad HTC Vive.

Il nuovo visore indipendente di HTC arriverà entro la fine di quest’anno e monterà un processore octacore Snapdragon 835. Per i dettagli come prezzo e altre specifiche si dovranno aspettare ulteriori comunicati dalla società.

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FOTOGRAFIA AUMENTATA: creatività, tecnica e prospettive future | Notiziario Regione Lazio

“Fotografia Aumentata”© è il primo incontro organizzato da Al3photo in collaborazione con “The Round” e con due professionisti dell’immagine: Gianluca Laurentini e Gaspare Silverii. L’evento è dedicato ai Soci di Al3Photo e ai soci dei circoli Lazio della FIAF.

Si intende per Realtà Aumentata la combinazione del mondo reale con oggetti virtuali attraverso i quali è possibile interagire contestualmente. Saranno illustrati casi pratici su come la Realtà aumentata possa interagire con la fotografia potenziandone ed esaltandone sia i contenuti informativi, sia quelli espressivi ed artistici.

L’incontro è gratuito e si svolgerà Sabato 18 Novembre alle ore 17.00 nella sede di Viale Stefano Gradi 209 (Galleria Azzurra) nel quartiere Fonte Meravigliosa, Roma. Per prenotazioni o informazioni: altrephoto@gmail.com – 3357818036

INTERVERRANNO:
Mirco Compagno: Chief Technology Officer THE ROUND
Gianluca Laurentini: Fotografo professionista, rivista FOTOGRAFARE
Gaspare Silverii: Chief Executive Officer, PIXPROBE
Prefazione a cura di Massimo Piana (Presidente Al3Photo)

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In the future your ambulance could be driverless

The revolution in driverless vehicles will make many jobs obsolete. In the US alone, it is estimated that driverless vehicles will wipe out 4.1m jobs. Truck drivers, delivery drivers, taxi drivers and Uber drivers will be out of work, and sooner than you might think. But automation can be a force for good, doing jobs more cheaply, safely and efficiently. In fact, there’s one service that’s crying out for more automation: the ambulance service.

Demand for ambulance services is growing rapidly in developed countries due to a combination of a growing and ageing population, an increase of chronic diseases, and a scarcity of primary care clinics and providers. This leaves the emergency services overburdened, with a dismal outlook for the future.

With driverless vehicles already on the road, some governments are looking into the possibility of driverless ambulances. Driverless ambulances and other technology could take some of the strain off the emergency services, freeing paramedics to deal with high-risk patients where each minute waiting for treatment significantly reduces a patient’s chance of surviving. This would include cardiac arrest patients, where brain damage typically starts within four to six minutes.

Initially, health services could introduce a fleet of driverless ambulances alongside their current manned models to deal with low-risk patients – essentially starting out as “medical taxis”. Low-risk patients would be picked up by a driverless ambulance and transported to the nearest hospital or clinic for treatment. With the introduction of these ambulances, the need for paramedics to respond to every call – regardless of severity – would be greatly reduced.

However, not everyone is in favour of automated ambulances. One survey of just over 1,000 people in the US found that around half said they would be comfortable riding in one.

Supported by drones

As well as delivering Amazon packages, spying on neighbours and conducting military strikes, drones could also be used by health services to take the pressure off the ambulance service. They would be especially useful for delivering medical equipment to remote locations. In fact, a start-up called Zipline is already successfully delivering blood and medicine across Rwanda. But these services could also be used in developed countries. For example, if a doctor in a remote rural location has to treat a patient with a rare condition, but she lacks the necessary medical supplies at her GP clinic or local hospital, a drone could deliver the supplies. Alternatively, drones could be used to deliver vital medical equipment to a drop point prior to the manned ambulance’s arrival. This would allow the patient to be treated as soon as the paramedics arrive.

Drones could also be used to transport specialised equipment, medication or even blood products between hospitals. This would reduce the need for ambulances to drive further distances to find somewhere that can treat their patient.

Drones could be used to drop essential medical supplies in remote or hard to reach areas. gualtiero boffi/Shutterstock
Predicting emergencies

For several years, police forces around the world have been using sophisticated algorithms to predict areas where crime is most likely to occur. This allows police departments to deploy officers to areas of “high demand”. While these Minority Report-style systems have proven to be controversial, a similar system that predicts illness hotspots is less likely to raise eyebrows.

A similar system could be used by ambulance services. It would collect previous trip data from the ambulances (both manned and unmanned). The software would take into consideration the time of year, weather, public events (such as concerts and protests), populations (such as elderly or deprived) and past emergencies that ambulances have responded to. This would enable the driverless ambulances to locate themselves within high-risk areas when they are not in use, allowing them to respond much faster to calls.

As these systems log more and more information, they will become increasingly more accurate at predicting medical emergencies, in the same way that data mining tools, used by social media and advertising companies, get better at figuring out what food, clothes, movies and so on you like best, and what you might like in the future.

These new methods may seem far off, but depending on how fast healthcare systems invest and adopt these technologies, they could be changing the way we receive medical treatment within decades. In the face of ever rising demand, technology is likely to be the saviour of ambulance services, making it faster, more effective and safer. However, it may take a while before the public are comfortable with the idea.

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