Alzi la mano chi ha desiderato, almeno una volta, di essere nei panni di Neo. Sfidare Morpheus a suon di pugni e calci rotanti e dimostrargli di saper padroneggiare le arti marziali orientali. Magari vivere nel futuro distopico ideato dai fratelli Wachowski non sarebbe il massimo, ma avere la possibilità di interagire in una realtà virtuale è rimasto il sogno di molti videogamers sin dalla fine degli anni novanta. Un sogno che si potrebbe avverare in questo anno solare, grazie alla commercializzazione di tecnologie progettate per rendere possibile l’esplorazione e l’interazione in una dimensione simulata.

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Realtà virtuale: un sogno oppure fantascienza?

 

Matrix però non è l’unica pellicola che ha sdoganato l’argomento, possiamo ricordare anche l’immenso eXistenZ di David Cronenberg e Nirvana del nostro Gabriele Salvatores, per citarne i più famosi. La visione cinematografica è quasi sempre pessimistica riguardo queste tecnologie, utilizzate sistematicamente in modo erroneo o senza una razionalità etica. Oggi, a distanza di quasi vent’anni da questi capolavori della settima arte, abbiamo la possibilità di sperimentare tecnologie simili, che riescono totalmente ad inglobarci in uno storytelling interattivo.

La prima società che ha provato a farsi strada nella realtà virtuale è stata la Nintendo nel 1995, con la commercializzazione del Virtual Boy negli Stati Uniti e in Giappone: un prodotto mai arrivato in Europa per l’incredibile flop di vendite dovuto soprattutto alla capacità della console di generare esclusivamente il colore rosso, in un periodo in cui i videogiocatori si stavano abituando a mondi colorati.

Successivamente alla catastrofica esperienza di Nintendo, di realtà virtuale non si è più parlato. Fino a quando un personaggio eccentrico come Palmer Luckey, ha presentato nel 2012 un fantasioso progetto su Kickstarter, la nota piattaforma di crowdfunding. Il suo nome è Oculus Rift e in poco tempo riesce ad ottenere due milioni e quattrocento mila dollari di finanziamenti solo grazie a Kickstarter: l’attenzione è tutta sul nuovo progetto di Luckey. La società viene acquistata da Mark Zuckerberg il 25 marzo 2014 e infine viene stretto un accordo con la Microsoft per la commercializzazione ludica del progetto. Oculus si posiziona così tra la realtà social e quella videoludica.

L’idea di Luckey alla base di Oculus Rift è semplice e rivoluzionaria: attraverso due schermi ad alta risoluzione, che producono l’effetto stereoscopico, e dei sensori di movimento, Oculus riesce ad inglobare l’utente in una realtà virtuale. Il visore potrà essere associato in futuro anche ad altri hardware in via di sviluppo, ad esempio il Cyberith Virtualizer della compagnia austriaca Cyberith GmbH, una sorta di tappeto circolare che può emulare il movimento dell’avatar.

Intanto la Sony non è rimasta a guardare e ha annunciato il suo Playstation VR (originariamente conosciuto come Project Morpheus, guarda caso), una soluzione che dovrebbe essere più economica di Oculus (il cui prezzo ufficiale di lancio è di 699€), che porterà la realtà virtuale su Playstation 4. Il Playstation VR funziona grazie alla localizzazione nello spazio da parte di Playstation Camera, che traccia i nove led presenti sulla parte frontale del visore.

Anche HTC, attraverso un accordo con Valve, si è dedicata allo sviluppo di un visore che sarà un diretto concorrente di Oculus e Playstation VR: l’HTC Vive. Un visore che si concentrerà sulla dimensione ludica rappresentata dal mondo PC, difatti i giochi che saranno supportati dal Vive saranno commercializzati sulla piattaforma di digital delivery SteamVR.

Intanto vediamo spuntare come funghi progetti basati sulla stessa idea di Palmer Luckey, dal Razer OSVR al Samsung Gear VR, fino a giungere allo Zeiss VR One.

Però fino a qualche tempo fa, prima dell’esplosione di Oculus Rift e delle sue controparti (un exploit ancora tutto da confermare, ma presto vedremo come si evolverà la situazione, quando i visori approderanno sul mercato), sembrava che una tecnologia parallela dovesse prendere il sopravvento: la realtà aumentata. Questa tecnologia è stata portata avanti in prima istanza da Big G, con i suoi Google Glass, attraverso un’operazione di ricerca e sviluppo inizializzata nel 2013. Ma, a quanto pare, il mercato della realtà aumentata non sta attecchendo: la notizia di qualche giorno fa della cancellazione degli account ufficiali degli occhiali smart sembra un segnale piuttosto chiaro dato da Google.

Questo ovviamente non impedisce ad altre società di abbracciare la realtà aumentata, attraverso l’utilizzo di altri device: proprio in questi giorni è stato annunciato dalla Game Freak, storica sviluppatrice dei giochi Pokémon, un nuovo e particolarissimo titolo: Pokémon GO. Un’opera totalmente basata sulla realtà aumentata, distribuita su sistemi Android e iOS. Immaginate di camminare per strada e all’improvviso vi arriva la notifica della presenza di pokémon. Tirate fuori lo smartphone o il Pokémon Go Plus (un piccolo device indossabile che faciliterà il gioco)… ed eccolo lì: un caterpie che se ne sta all’angolo della strada, visibile sul vostro smartphone. Decide di attaccarlo col vostro charmander per indebolirlo e poi catturarlo. Ora caterpie è vostro, potete allenarlo. Ma dove? Avete sentito che sul lungotevere c’è un pokémon raro, perché non provare ad andarlo a cercare, approfittandone per farvi anche una passeggiata?

Pokémon GO apre così la parentesi ludica della realtà aumentata, un modo di relazionarsi al videogame nuovo ed estremamente originale, che si candida come alternativa valida alla realtà virtuale. Se Pokémon GO dovesse avere un successo virale probabilmente assisteremo all’invasione di una nuova generazione di videogame, che daranno filo da torcere alla realtà virtuale.

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