Ci si può immergere dentro una storia anziché guardarla su uno schermo come siamo sempre stati abituati a fare al cinema? È questa la scommessa di Jamwix, studio digitale di San Francisco che ha appena lanciato Banshee Chapter, il primo film per Oculus Rift, il casco di realtà virtuale atteso per il 2015 e di recente acquisito da Facebook per 2 miliardi di dollari. Pur essendo scaricabile gratuitamente sul sito di contenuti di Oculus , non molti potranno vederlo, dato che ad oggi sono in circolazione solo i kit di sviluppo venduti ai superappassionati che non volevano aspettare l’uscita del modello ufficiale del visore.

Source: www.lastampa.it

 

Banshee Chapter è un horror che parte da fatti veri, ovvero l’esistenza di un programma segreto della Cia, operativo dal 1950 fino al 1973, per sperimentare droghe e sostanze chimiche su cittadini americani e studiare le reazioni del loro cervello, per sconfinare in una specie di film d’inchiesta sulla sparizione di un reporter impegnato a indagare sull’argomento, con tanto di filmati non autorizzati ritrovati per caso.

 

Il film era uscito in 3D negli Usa nel 2013, per la regia di Blair Erickson, ed aveva avuto anche buone recensioni ma pochi incassi, così i creatori hanno deciso che poteva essere adattato al concetto di realtà virtuale e ripubblicato anche per farsi un po’ di pubblicità.

 

L’idea, come si vede nel trailer, è di trasformare per quanto possibile la visione in immersione e dare la possibilità a chi indossa il casco di ruotare la testa e scegliere cosa guardare, come se non ci fosse più il regista a stabilire una gerarchia tra ciò che deve essere in primo piano e ciò che invece è meno importante.

Naturalmente come per il 3D, che ha diviso nettamente il pubblico tra favorevoli e contrari, dato che al cinema l’esperienza non vale sempre il prezzo del biglietto e a molti causa problemi visivi, anche questa nuova forma di intrattenimento che forse non si potrà più nemmeno chiamare cinema, dovrà trovare un nuovo linguaggio e dovrà fare i conti che il senso di immersione in una scena non sarà utilizzabile in tutti i casi: è già stato sperimentato che, nei videogame, le scene troppo movimentate causano a molti giocatori nausea e mal di testa e non c’è peggio di un’esperienza negativa per affossare una nuova tecnologia.

 

Questo non vuol dire però che manchino gli artisti interessati a sperimentare le possibilità offerte dal nuovo medium per trovare un inedito modello di narrazione, come per Zero Point , cortometraggio documentario che esplora proprio questa nuova frontiera.

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